22 dicembre 2019 – IV Domenica di Avvento – Don Samuele
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Accogliere e generare Cristo, identificandoci nei due modelli che la Liturgia di questa Domenica ci propone di incontrare: Maria e Giuseppe. Se avete notato la preghiera iniziale della Liturgia odierna, dopo averci offerto il flash del grembo di Maria, tanto accogliente da diventare generante, ci ha fatto chiedere di divenire noi pure mamma e papà di Gesù. Tanto accoglienti di Lui da generare Lui al mondo e alla vita di oggi.
Il segno della vergine-madre
Il nostro amico Isaia oggi non ci offre più un sogno, come nelle Domeniche precedenti, ma ci lancia una sfida, la stessa che lanciò come una freccia contro il malvagio Re Acaz, uno degli uomini peggiori che siano mai esistiti sul pianeta. Ecco la sfida: “Chiedi un segno a Dio”, cioè se non credi alle mie parole, domanda un segno forte che ti scuota e ti induca a rivedere le tue posizioni. Risposta finta umile del Re: “ma no, non chiedo un segno per non tentare il Signore” … falso e ipocrita, malvagio! Non chiedi perché non vuoi un segno dal cielo, che ti costringerebbe a rientrare in te stesso; a far lavorare la coscienza – ammesso e non concesso che tu ce l’abbia ancora – coscienza che sa fare una sola cosa: giudicare dove sta il bene e dove sta il male; a prendere decisioni dolorose, tipo cancellare una vita ignobile e abbracciare una vita nuova e diversa, come il Signore te la indica. Acaz è la fotografia esatta dell’uomo e della società che sta bene così come è, che non gli passa neppure per l’anticamera del cervello di dover cambiare qualcosa, anzi, prova allergia per i tarli nella coscienza e per chi li instilla.
La reazione del profeta, davanti a questa smania di status quo è stizzita, e, senza usare proprio questi termini, in pratica dice al Re: brutto maiale! Il Signore ti dà un segno che tu non vuoi: una cosa impossibile in natura e inaudita: una vergine-madre, che genera a te un figlio santo, esattamente l’opposto di quello che sei tu, e che nella lettura globale della Scrittura annunzia la generazione al mondo di un Dio che il mondo cocciutamente tenta di mandare in esilio. Questo è il segno e lo scandalo del Natale. I forti, i potenti, i ricchi egoisti, i prepotenti, i malvagi, gli gridano che non lo vogliono in mezzo ai piedi, che per Lui non c’è posto da nessuna parte, e Lui, grazie ad una creatura fragile, povera di sé, ricca di luce, pianterà definitivamente la tenda e sarà Dio con noi nei secoli. Questa è la politica di Dio: ci crediamo che è ancora vera e vincente?
L’obbedienza della fede
L’amico Paolo ci ha offerto oggi la prima pagina del suo scritto più complesso e profondo: la lettera ai Romani. È difficile persino da leggere questo lunghissimo periodo, senza un punto – si chiama anacoluto in grammatica – tale da far perdere l’orientamento, eppure è traboccante di messaggi.
La sua vita … sequestrata per annunciare l’Evangelo
Cristo … totalmente uomo dalla discendenza di Davide … totalmente Dio
Il mestiere della Chiesa … condurre tutte le genti all’obbedienza della fede!!! Ci rendiamo conto dell’audacia? Portare tutta l’umanità ad obbedire a Dio, quando persino i credenti fanno fatica ad obbedire a ciò che non collima con i loro gusti!!!
La nostra condizione … amati da Dio! Pensiamo a quale onore per noi sarebbe l’essere amati da un personaggio famoso. No siamo amati da Dio
Santi … non siamo fatti per essere gente qualsiasi, ma gente differente dal cliché medio, Santi, ovvero differenti, alternativi …
Si tratta di una ricchissima proposta di vita di vita e di un interessante esame di coscienza per prepararci alla confessione di Natale, nella quale misurarci se ancora nelle nostre convinzioni e nel nostro vissuto l’obbedienza della fede è ancora un valore, una necessità.
Una singolare coppia di “promessi sposi”
E l’amico Matteo ci presenta questa coppia singolare: Maria e Giuseppe, che sognavano la loro famiglia come normale, simile a quella di tutti, ebbene lasciano i loro sogni “mediocri” per abbracciare il sogno gigantesco di Dio e diventare una famiglia veramente speciale, addirittura unica al mondo e nella storia. Maria e Giuseppe nella fase preparatoria del loro Matrimonio si trovano a vivere eventi strani: Maria sa di non avere avuto rapporti con un uomo ed aspetta un bambino. Come è possibile? Giuseppe sa di non essere il padre di quel bambino, ed ha pure fiducia nella onestà della sua promessa sposa. Come è possibile? La prospettiva che intravede è quella di aggiustare le cose con onore e riserbo, evitando una pubblicità sgradevole, secondo la regola del buon senso umano, e nel groviglio di questi pensieri e progetti umani, Dio chiama Giuseppe all’obbedienza della fede, cioè lo chiama a credere l’incredibile, e a fare l’impossibile. Dio lo costringe a ricordare l’antica profezia lanciata contro Acaz e ad essere il protagonista odierno di un disegno secolare, più grande di lui.
Crederesti all’evidenza o a ciò che Dio ti propone? Obbediresti alla logica del buon senso o al volere di Dio? Ti preoccuperesti maggiormente dei pettegolezzi del paese o del rimanere nella volontà di Dio? Te lo dico io che la maggior parte delle persone fa esattamente il contrario di ciò che hanno fatto Maria e Giuseppe, persino la maggior parte dei battezzati, ormai, pensa e vive etsi Deus non daretur, e nessuno di contestare o di contrastare gli stili di vita che, negando Dio, uccidono l’umanità. Quanti padri e madri, quanti nonne e nonne vantano la bontà di figli e nipoti che stanno vivendo normalmente in contrasto con i comandamenti di Dio, ma chi ricorda loro il contrasto tra il bene e le loro scelte? La Verità oggettiva e le menzogne soggettive? Noi, che siamo qui stamattina, siamo consapevoli di queste incongruenze, che si chiamano peccato, a volte mortale, cioè che conduce alla morte dell’anima? E quando si tratta di effettuare le nostre scelte quotidiane, ci alleniamo a decidere secondo l’obbedienza della fede, sull’esempio di Maria e di Giuseppe?
Concludo ricordando a me stesso e a voi le espressioni forti di una storica omilia del Cardinale Ratzinger, che gli costò l’elezione a Papa. Mi auguro che ci faccia riflettere e decidere per Cristo, così che il prossimo sia davvero un buon Natale: “Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità. E in che cosa consiste l’essere fanciulli nella fede? Risponde San Paolo: significa essere “sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…” (Ef 4, 14). Una descrizione molto attuale!
Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.
Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come “un cembalo che tintinna” (1 Cor 13, 1)”.