22 marzo 2020 – IV Domenica di quaresima (anno A) – Don Samuele
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Eccoci alla Domenica laetare, la Domenica della gioia. Ne abbiamo bisogno della gioia di Dio, in un momento tanto fosco per l’intera umanità. Ed oggi la gioia ha il volto della luce, preparata da un’altra tappa significativa della Storia della Salvezza, che viene evocata dalla prima lettura: l’elezione di Davide a Re di Israele.
I criteri di Dio
Quando si tratta di scegliere una persona per rivestire una carica, umanamente ragionando, noi andiamo a ricercare … dovremmo andare a ricercare … tutti i requisiti per mettere la persona giusta al posto giusto. Anche il profeta Samuele ragionava con questa dose di buon senso umano. Dio, invece ragiona con una dose di intuito divino, e spiega al profeta il suo criterio: “Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”. Le apparenze – il cuore: sono due territori agli antipodi. Dove c’è apparenza, difficilmente ci sta Dio; invece dove non c’è apparenza, ma cuore, Dio entra prepotentemente e dolcemente, e fa miracoli: “e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi”. Per Samuele questa è una forte illuminazione su quel mondo interiore, nel quale tanto difficilmente noi viaggiamo, noi esploriamo, noi scopriamo. Persino la psicologia ci parla di una zona d’ombra in noi stessi, che noi non conosciamo, che gli altri non conoscono, eppure non ci preoccupiamo di indagarla. Quando Dio viene ad illuminare, allora sì che possiamo avere chiarezza e certezza. Non fidatevi mai delle apparenze, talvolta nemmeno delle evidenze, perché maschere e giochi di luce, che creano effetti speciali, possono confondere. Fidatevi del cuore!
La luce del mondo
Detto questo siamo subito proiettati sul discorso della luce, introdotto dalle parole stesse del Signore: “Io sono la luce del mondo, chi segue me, avrà la luce della vita”. Dopo l’acqua viva della samaritana, la luce offerta al cieco nato, è il secondo grande simbolo battesimale, che parla di riscatto e di rinascita in questa Quaresima. Effettivamente di fronte ad una malattia, ad una tragedia, ad una situazione cruciale, è abbastanza istintivo chiedersi: “chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”. È una delle tante domande che ci stiamo ponendo in questo periodo così tribolato, e che qualcuno mi ha posto in questi giorni di lunghi colloqui telefonici: “Dio è stanco di noi? Dio ci sta punendo? È arrivata la fine?” sono domande che mi mettono in difficoltà, perché non ho la facoltà di leggere esattamente nel futuro. Le parole di Gesù ci rincuorano tutti: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”. Tutto quanto accade manifesta l’amore e la provvidenza di Dio, lo stiamo toccando con mano nei tanti medici, infermieri, operatori che non risparmiano tempo, fatica, sacrificio, mettendo a repentaglio la loro incolumità per soccorrere chi è nel bisogno. A tutti loro si applica la splendida espressione di Gesù: “non vi è amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici”. Impariamo a leggere i segni della Provvidenza! Finché Gesù è nel mondo, attraverso la sua Parola, mediante l’Eucarestia, attraverso dei cristiani testimoni, … la luce è nel mondo, la speranza e la vita sono nel mondo. Il problema non è di raccogliere chiacchiere e commenti, ma, nel momento in cui la vita ci interpella: “Tu, che cosa dici di lui?”, che ciascuno possa testimoniare, a parole, e, soprattutto, con i fatti “Egli è un profeta!”. Sì, ci crediamo che Gesù è la nostra salvezza! Oggi molti battezzati si lavano le mani di fronte al problema della fede e della testimonianza che essa richiede, come hanno fatto i genitori del cieco nato: “Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé”. Ed il Vangelo commenta cosa ci sta dietro queste parole: “Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei”. La paura è una gran brutta compagnia, perché soffoca la verità, toglie la libertà, schiaccia la dignità, esenta dalle responsabilità, umilia l’umanità. Il cieco guarito, grazie all’incontro con Gesù che lo ha illuminato, ha vinto qualsiasi paura, parla con franchezza, dice la verità, manifesta la sua condizione di uomo libero, sta a schiena diritta e a fronte alta, si assume le sue responsabilità, e, in un quadro di umanità squallido per la saccenza, la presunzione, l’ipocrisia, si rivela l’unico vero uomo, ricco di buon senso umano, e di ispirazione divina, oltre che di attributi. Sentite che roba: “Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. E che cosa riceve come risposta alle sue obiezioni? “E lo cacciarono fuori”. Si fa presto a risolvere i problemi così, è tipico del mondo oscuro delle dittature, dove ogni scintilla di verità è vista e vissuta come una minaccia, un pericolo, e quindi va soffocata. Con Gesù è tutt’altra cosa: Egli è il Regno della verità, della libertà, della dignità, della responsabilità, dell’umanità, della luce. C’è una differenza abissale tra il clima del dialogo tra il cieco ed i giudei ed il discorrere del cieco con Gesù. IL Signore non lo accusa, non lo giudica, non lo condanna, ma dopo avergli fatto il dono della luce per gli occhi e per il cuore, gli chiede: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo? … Lo hai visto: è colui che parla con te”.
La luce della fede
La risposta del cieco, data con le parole e con i gesti, contiene il riassunto più bello e più efficace di tutto il lungo Vangelo di oggi: “Credo, Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui. Davanti al Signore siamo tutti poveri, ciechi e nudi, direbbe il libro dell’Apocalisse. Se, però, abbiamo l’onestà ed il coraggio di dire a Gesù: “Credo, Signore!”, diventiamo immediatamente ricchi in umanità, illuminati di verità, rivestiti di dignità. Il problema di dire “Credo, Signore!”, oggi si è molto appannato; sembra quasi che la fede sia l’ultimo problema, l’ultimo interesse, l’ultima cosa della vita. Il pericolo che incombe sull’umanità, di una catastrofe sanitaria, economica, sociale, rimette al centro e al cuore il problema della salvezza: chi ci può salvare? “Se aveste fede quanto un granello di senape potreste dire ad un monte ‘alzati e spostati’”. La fede salva dalla paura, salva dalla tenebra, salva dall’angoscia, salva da qualsiasi catastrofe. Sono giorni in cui ripensare al nostro Battesimo, alla nostra dignità di figli di Dio, alla luce di Cristo che ci ha illuminati, riscaldati, rafforzati. In questa logica di fede, al termine della celebrazione spalancheremo il portale della chiesa e impartiremo la benedizione Eucaristica alla nostra città ed a tutto il territorio, alle frazioni, alle persone, alle attività, a chi è malato, e a chi si prodiga per la cura, a chi si sta dedicando al bene di tutti, a chi si sacrifica per gli altri. Invocheremo la salvezza, cioè la guarigione dal morbo, ma anche la guarigione del cuore, perché dove ancora prevale la tenebra possa brillare la luce di Cristo, ricordando anche le parole severe del Signore: “È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”.
Essere luce nel Signore
Ma non abbiamo paura, Dio non è un giudice, Dio è amore: se “un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore”, ci ha ricordato S. Paolo, ed, insieme, ci ha esortato a comportarci “come figli della luce”, portando quei frutti della luce che sono la bontà, la giustizia e la verità. Sentiamo e facciamo nostro l’appello: “Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà”. Auguro a tutti di godere la gioia della luce, la bellezza della luce, la grazia della luce di Cristo.