27 settembre 2020 – Tempo durante l’Anno XXVI Domenica (anno A) – Don Samuele
Tempo durante l’Anno – XXVI Domenica A – 27 settembre 2020
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Oggi ci viene offerto uno dei detti evangelici più difficili da masticare e da digerire: “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”. Chissà quanta gente che ha passato la vita a fare sacrifici, a compiere il suo dovere, e si trova messa dietro ladri e baldracche! So cosa state pensando in cuor vostro: “ma allora a che cosa serve essere buoni, onesti, rispettosi … ma chi ce lo fa fare di osservare i dieci comandamenti, se poi, alla fine, quelli che li hanno trasgrediti come scelta di vita passano avanti?”.
Pubblicani e prostitute davanti?
Sappiate che la penso esattamente come voi, e mi dà veramente fastidio che pubblicani e prostitute passino avanti! Ma l’Evangelo, non intende assolutamente minare la credibilità ed il dovere di obbedienza alle leggi del Signore ed alle regole del buon senso e della buona educazione. Cerchiamo allora di capire cosa ci vuole dire. Gesù, innanzitutto, non ci esclude dal prendere posizione, anzi ci interpella tutti, dal primo all’ultimo: “Che ve ne pare?”. Nessuno di noi qui presenti può astenersi dal rispondere. Ecco allora la questione sulla quale dobbiamo schierarci apertamente: un padre, due figli. Un unico comando, due risposte diverse: uno a voce dice no, ma con i fatti dice sì; il secondo a voce dice sì, ma con i fatti esprime un no netto. La domanda per ciascuno è: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Attenzione a come rispondiamo, perché qualsiasi risposta diamo noi non siamo esclusi dalla vicenda, perché indossiamo i panni dell’uno o dell’altro figlio. La risposta che diamo dice chiaramente come ognuno di noi si comporta con Dio. Lui parla a tutti, ma chissà quanti cristiani dicono “sì, sì” a voce, ma poi la loro vita è vissuta come se Dio non ci fosse. Così come chissà quanti sembrano sbattergli la porta in faccia e negare la loro fede e la loro collaborazione, ma poi, si accorgono che così non va bene, e, di fatto, agiscono come Lui ci fosse, anzi, fanno la sua volontà. Perché la verità non è roba da sapere a memoria, ma da fare con la vita. Il termine ebraico “dabar“, abitualmente tradotto con il sostantivo “parola“, in realtà sta a significare tanto parola che atto. Dio dice ciò che fa e fa ciò che dice. Sempre. Ed i suoi figli sono chiamati ad essere come Lui: leali, coerenti, trasparenti. Ecco la domanda: tu, quale dei due figli vuoi essere? Vuoi essere una persona tutta chiacchiera ma niente fatti; o una persona di poche parole ma di molti fatti? Se ci credi in Dio, evidentemente, la scelta è ovvia, anche se non scontata. E proprio questa situazione non è scontata ci consente di capire la logica del detto incriminato e indigesto “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”. Gesù, infatti, nella sua vita, ha toccato con mano come proprio gli uomini più religiosi di Israele sono stati i più refrattari ad accogliere la sua parola ed il suo dono, mentre, quelli che tutti consideravano i rifiuti della società, ovvero pubblicani e prostitute, hanno dimostrato apertura di mente e di cuore nei suoi confronti, accoglienza della sua parola che invitava alla conversione. Nicodemo, Caifa, il Sinedrio, nessuno di questi si è convertito, ed erano i più religiosi! Matteo e Zaccheo i pubblicani, Maddalena la prostituta sì. Nel Regno di Dio Matteo e Maddalena sono santi, Nicodema e Caifa no. Ecco, siamo avvertiti: chi si crede inossidabile e non bisognoso di conversione, si troverà ultimo nel Regno di Dio. Chi sa di essere peccatore e si lascia toccare il cuore e convertire da Cristo, sarà uno dei primi cittadini del Regno di Dio.
Problema personale e comunitario
Il problema non è solo dei singoli cristiani, ma di tutte le comunità cristiane, di tutte le parrocchie del mondo: i cristiani che si accontentano dell’anagrafe, si troveranno scalzati da quelli che aderiscono a Dio con il cuore. I cristiani da convegno si troveranno svergognati da quelli che abbracciano la vanga per dissodare la vigna del Signore. I cristiani che si vantano di credere in “qualcosa” si troveranno messi da parte da quelli che aderiscono a “qualcuno”. I cristiani che chiacchierano e non concludono mai niente si troveranno messi a tacere da quelli che con amore e sacrificio ci mettono, mente e cuore, tempo e vita nel servire Dio e i fratelli. I cristiani che si trovano a loro agio in una Chiesa fannullona e inconcludente si vedranno preceduto da quelli che hanno edificato una Chiesa ricca di fede e di buone opere. E tu che cristiano vuoi essere, e tu che parrocchia vuoi, che parrocchia costruisci? Vi faccio una confidenza: in tanti anni che sono prete (sono 36), ho sempre visto, dovunque sono stato, che di cristiani chiacchieroni la Chiesa fa a tempo a morire, e la Chiesa dei chiacchieroni muoia pure, che non ci perdiamo niente! Mentre la Chiesa si edifica grazie a tanti umili lavoratori nella vigna del Signore, così si è definito Benedetto XVI appena eletto Papa: “Sono un umile lavoratore nella vigna del Signore!”. Altra confidenza: ho sempre visto ovunque, che chi è abituato a muovere la lingua per chiacchierare, facilmente sa solo criticare, ma chi critica la Chiesa, la parrocchia, io non l’ho mai visto una volta sporcarsi le mani e lavorare con dedizione per migliorarla la Chiesa, la sua parrocchia, solo infangarla, solo demolirla, mai costruirla! Mentre chi lavora per la Chiesa con passione, non ha né il tempo né la voglia di chiacchierare e di criticare, perché sa bene quanta fatica si fa a fare qualsiasi cosa, ed, essendo un persona di fede, sa che dove si sta costruendo qualcosa, è Dio che sta lavorando, mentre dove si continua a demolire e distruggere, è il demonio che sta lavorando, e sa bene che i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce. “Che ve ne pare?”. Nessuno può astenersi dal rispondere.
Chi ha torto e chi ha ragione?
La questione è vecchia come il mondo. Ce ne ha dato un saggio Ezechiele profeta, nella prima lettura di oggi. Cinque secoli prima di Cristo, molti in Israele dicevano: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Lo si dice anche adesso. E Dio risponde pan per focaccia: “se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso”. La conversione! Non ci sono privilegi di casta o di razza; non ci sono favori clientelari legati a Israele o alla Chiesa, non servono gesti di identità, come i sacramenti, se non vi è l’adesione del cuore e la decisione di vivere nell’amore e nella fedeltà, come una sposa sempre più innamorata del suo sposo, dato che lo sposo è sempre più innamorato della sua sposa. Fino a quando ci accontenteremo di una religione che sta fuori di noi, con i suoi riti e consuetudini, con le sue tradizioni, a volte vecchie e bacucche, e non abbracceremo una fede autentica e profonda, che avvolge e coinvolge, mente, cuore, vita, sarà facilissimo vedere fior di peccatori diventare santi, e vedere gente che ha la vocazione ad essere santa, immiserirsi in una vita opaca, superficiale, mediocre, incolore, inodore ed insapore.
L’eterno problema: cosa fare?
Come essere? Che cosa fare? Una splendida risposta ce l’ha offerta Paolo nella seconda lettura: coltivare “un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”. Queste parole, e quelle che seguono, dell’inno ai Filippesi, che racconta lo sprofondamento nell’abisso di Gesù, ed il suo innalzamento nella gloria, andrebbero stampate, o meglio scolpite, e affisse sulle porte, appese nelle nostre case, impresse a fuoco nei nostri cuori. Abbiamo un estremo bisogno di vivere una amicizia profonda con il Signore Gesù, perché da questo dipende la realizzazione della nostra vita e della nostra felicità. È una raccomandazione che rivolgo soprattutto ai giovani, ma anche a chi ha i capelli grigi come i miei: abbiamo dei figli, abbiamo dei nipoti, abbiamo dei vicini di casa, possiamo farci trasmettitori di questo messaggio. Uso le parole di Benedetto XVI, indirizzate a loro nelle giornate mondiali della gioventù: “Anche per ciascuno di voi, come avvenne per gli Apostoli, l’incontro personale con il divin Maestro che vi chiama amici può essere l’inizio di un’avventura straordinaria: quella di diventare apostoli tra i vostri coetanei, per condurli a fare la vostra stessa esperienza di amicizia con il Dio fatto Uomo, con Dio che si è fatto mio amico. Non dimenticate mai, cari giovani, che dall’incontro e dall’amicizia con Gesù dipende, in fin dei conti, la vostra, la nostra felicità… Per voi, lo so bene, l’amicizia e i contatti con gli altri, specialmente con i vostri coetanei, rappresentano una parte importante della vita di ogni giorno. È necessario che riteniate Gesù come uno dei vostri amici più cari, anzi il primo. Vedrete allora come l’amicizia con Lui vi condurrà ad aprirvi agli altri, che considererete fratelli, intrattenendo con ciascuno un rapporto di amicizia sincera. Gesù Cristo, infatti, è proprio “l’amore incarnato di Dio”, e solo in Lui è possibile trovare la forza per offrire ai fratelli affetto umano e carità soprannaturale, in uno spirito di servizio che si manifesta soprattutto nella comprensione. È una grande cosa vedersi compreso dall’altro e cominciare a comprendere l’altro… Costruire la vita su Cristo, accogliendone con gioia la parola e mettendone in pratica gli insegnamenti: ecco, giovani del terzo millennio, quale dev’essere il vostro programma! È urgente che sorga una nuova generazione di apostoli radicati nella parola di Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a diffondere dappertutto il Vangelo. Questo vi chiede il Signore, a questo vi invita la Chiesa, questo il mondo – anche senza saperlo – attende da voi! E se Gesù vi chiama, non abbiate paura di rispondergli con generosità, specialmente quando vi propone di seguirlo nella vita consacrata o nella vita sacerdotale. Non abbiate paura; fidatevi di Lui e non resterete delusi”. Mi emozionano queste parole, in mezzo a tante parole deprimenti, vuote, inconsistenti, che risuonano ovunque, nei social, per grazia di Dio ci sono ancora voci che risuonano e che scaldano il cuore, che aprono orizzonti ed illuminano gli occhi e lo spirito. Gridiamole dai tetti queste parole. E facciamo in modo che questa adesione a Cristo amico diventi la bussola della vita, diventi la gioia e la speranza, dell’oggi e del domani. S. Girolamo, santo appassionato per Gesù, per la sua Parola, per la Chiesa, uomo affamato di verità, affamato di vita.