OmelieOmelie Novembre 2020

8 Novembre 2020 – Tempo durante l’Anno XXXII Domenica (anno A) – Don Samuele

Tempo durante l’Anno – XXXII Domenica A – 8 novembre 2020

 

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

 

Se vi è una cosa poco interessante, poco appetibile, poco ricercata, oggi, è proprio quella Sapienza con la S maiuscola che la Scrittura, proclamata in questa Domenica, cerca, invece, di elogiare, perché essa è sempre stata considerata una delle massime aspirazioni ed una delle massime conquiste dell’umanità. Ad essa si sono dedicati grandi uomini, alla sua acquisizione si sono applicate categorie di persone, epoche della storia, intelletti e coscienze raffinati. La Bibbia, tra i suoi 70 e rotti libri, ne annovera un gruppo detto dei sapienziali, ed uno in particolare si chiama libro della Sapienza.

 

Elogio della Sapienza

Proprio da questo abbiamo ascoltato le parole della prima lettura di oggi. E si tratta di parole incantate: “La sapienza è splendida e non sfiorisce, … si lascia vedere da coloro che la amano … si lascia trovare da quelli che la cercano … Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta … Riflettere su di lei è intelligenza perfetta, … lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei”. Parole che raccontano un innamoramento reciproco, una compagnia indistruttibile, una amicizia arricchente. È un invito pressante affinché la frequentazione della Sapienza non venga riservata agli addetti ai lavori, ai filosofi o agli studiosi, ma sia una preoccupazione ed una occupazione per tutti, grandi e piccoli, studiosi ed analfabeti, gente speculativa e persone pratiche. Ed effettivamente è sempre stato così: tutti noi abbiamo conosciuto persone, soprattutto anziani, senza titoli di studio ma ricche di quella sapienza che si esprimeva, per esempio nei proverbi: i nostri vecchi non sapevano tante cose di scuola, ma con i proverbi avevano fotografato tutta la vita ed avevano suggerimenti per tutte le situazioni; o in quella saggezza di vita che è solo da augurarsi. È poi aumentata la scolarizzazione – e questa è una buona cosa –, moltissimi vantano titoli di studio – ma ben venga –, ma l’interesse, l’amore, e la compagnia della Sapienza sono calati vistosamente, ed oggi troppi si cullano in una beata ignoranza ed insipienza. Basta accendere la televisione e sentiamo di tutto e di più.

 

Sapienza ed insipienza

E così potremmo dire al Signore Gesù: “Signore, ma lo sai di essere veramente ottimista, se, nella parabola di oggi, hai voluto fotografare l’umanità e queste dieci vergini la includono tutta”. Ai suoi tempi forse un 50% era sapiente ed il restante 50 % era stolto, ma oggi forse le percentuali andrebbero vistosamente riviste al ribasso della percentuale dei sapienti, soprattutto di coloro che cercano in Dio la somma Sapienza; di chi ancora fa sue le parole del salmo 62: “Ha sete di te, Signore, l’anima mia”; di chi ripete, per convincersene, le parole che, da bambino, cantavamo ai vespri della Domenica: “Initium Sapientiae timor Domini”. Sono le parole poste sull’ingresso dell’Università di Roma, che si chiama appunto “La Sapienza”, fondata da Papa Bonifacio VIII nel 1303, là dove i Papi della Controriforma istituirono corsi e cattedre di arabo, di caldeo, di lingue orientali e si ebbe una costante attenzione nei confronti di tutte le novità del pensiero, della scienza e delle scoperte scientifiche e geografiche. A metà ‘700, Papa Benedetto XIV introdusse cattedre da Fisica Sperimentale a Chimica, da Matematiche Sublimi agli accresciuti corsi di laurea, da tre a cinque: Materie Sacre, Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia, Arti e Filosofia e Lingue. Nei primi dell’800 Papa Pio VII fondò la Facoltà di Ingegneria come scuola di Idraulica, Statica e Architettura, qui molti famosi scienziati e ingegneri italiani hanno qui studiato e da qui attinto competenza per lavorare. A tanta sapienza del passato ha fatto riscontro nel nostro tempo una enorme insipienza: a Papa Benedetto XVI non è stato concesso di entrare e di parlare in questa Università fondata e arricchita dai Papi! Lui che è uno dei massimi intellettuali esistenti al mondo!!! Questo episodio la dice lunga sulla poca sapienza e sulla saccenza imperante di alcuni gruppuscoli, di alcuni numeri risicati, che impongono da dittatori il loro piccolo pensiero ad una comunità grande come quella di una università!!! Del resto il potere disprezza la sapienza ed esalta l’ignoranza. Perché? Perché nell’ignoranza può giocare torbido, può manipolare le persone, è la teoria del bonsai … non la conoscete? Il bonsai – che è un albero piccolissimo –, per sentirsi baobab – che è un albero gigante –, è costretto a circondarsi di bonsai molto più piccoli di lui, e così la scuola, la politica, la Chiesa ahimè, vanno a catafascio!!! Grazie ai bonsai al potere! Dio ce ne liberi!

 

La vita, spazio per la sapienza

Ma la sapienza non è solo questione di scuola, è ambito di vita. La parabola di oggi ricorda che avere le lampade, ma non avere l’olio, è segno di stoltezza e di scarsa furbizia. Certo, perché le svolte e gli eventi della vita, così come le incursioni del Signore nel nostro vissuto, non avvengono a nostro piacimento, non si possono fissare col telecomando. A volte ci sono tempi lunghi di attesa, dove è necessario esercitare il desiderio, la pazienza, la prudenza, la vigilanza, la sapienza. Si tratta di virtù personali, di cui non è possibile andare a prestito: o le abbiamo, perché le abbiamo coltivate ed educate, o non si hanno, e non si possono recuperare all’ultimo momento. Ecco perché quando le vergini stolte chiedono l’olio, si sentono un “no” secco. Non è questione di egoismo, è questione di impossibilità. Se tu la sapienza non ce l’hai, non puoi andare a rubarla a qualcun altro. La vita richiede disciplina, la vita necessita di una regola, la vita è umana se si nutre di sapienza. Oggi va per la maggiore l’idea che la vita è selvaggia, che la libertà è assoluta, che ciascuno può fare tutto quello che gli pare e piace, tanto qualsiasi capriccio viene contrabbandato come diritto inviolabile. Questo si chiama barare con la vita, perché la vita non è un passatempo, né uno scherzo, né un esperimento. La vita è un dono dell’Autore della vita, la vita è un impegno che esige la responsabilità da parte di chi la riceve. Madre Teresa di Calcutta ha composto un interessante e bellissimo inno alla vita, dove dice: “La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. La vita è una sfida, affrontala. La vita è un dovere, compilo. La vita è un gioco, giocalo. La vita è preziosa, abbine cura. La vita è una ricchezza, conservala. La vita è amore, donala. La vita è un mistero, scoprilo. La vita è promessa, adempila. La vita è tristezza, superala. La vita è un inno, cantalo. La vita è una lotta, accettala. La vita è un’avventura, rischiala. La vita è felicità, meritala. La vita è la vita, difendila. Semplice, ma vi è tutto della vita. Non possiamo lasciarci vivere, non possiamo vegetare, non si possono fare i capricci con la vita, perché quando viene per tutti il momento di entrare nella vita, che è poi la verità tutta intera, tutti, confidando nella misericordia di Dio potrebbero dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Guardate che sono terribili queste parole, dette da Colui al quale diciamo: “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo. Ti sono note tutte le mie vie; la mia parola non è ancora sulla lingua e tu, Signore, già la conosci tutta. “In verità io vi dico: non vi conosco”, perché chi non lo riconosce nella fede davanti agli uomini non sarà riconosciuto da Lui davanti al Padre. “In verità io vi dico: non vi conosco”, perché chi non nutre la sua fede, la sua speranza, ed il suo amore, assiste inesorabilmente alla loro morte. “In verità io vi dico: non vi conosco” perché chi non vive della Sapienza, si troverà nella notte oscura della non conoscenza. Spero di avervi spaventato un po’, non tanto, ma un poco sì, non per fare del terrorismo psicologico, ma solo per risvegliare le potenzialità ed il meglio che vi è in ciascuno di noi, e che troppe volte rimangono lì, chiusi come in cassaforte. Devono uscire, devono brillare, devono crescere. Non abbiamo paura, non vi è nulla di perduto, basta mettere a frutto l’esortazione di Gesù: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. La vigilanza, l’attesa, sono tra gli atteggiamenti più cristiani, più umani, più possibili a tutti.

 

Una sapienza oltre il tempo e lo spazio

Questo senso di ottimismo l’abbiamo respirato anche nella seconda lettura di oggi, quando S. Paolo diceva: “Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza”. E, dopo avere annunziato “che Gesù è morto e risorto”, S. Paolo profetizza il momento glorioso in cui “la voce dell’arcangelo” ed il “suono della tromba di Dio”, provocheranno la resurrezione dei morti e l’ascensione dei vivi: “verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto”. Chi come me ha problemi col volo potrebbe anche essere un po’ terrorizzato di essere preso e portato in alto con forti capogiri, ma niente paura; si tratta dell’annuncio delle nozze: “sono giunte le nozze dell’Agnello e la sua sposa è pronta”, cantiamo ogni Domenica durante i Vespri, e la festa che ne segue, è una gioia che durerà per tutta l’eternità, e può essere raccontata con questa semplice e straordinaria immagine: “e così per sempre saremo con il Signore”. Questo è il Paradiso: essere sempre con Lui, non perderlo più, non perderlo mai più, né di vista, né di affetto, né di abbraccio, né di presenza. Ecco perché S. Paolo conclude il suo discorrere con un invito, che estendo a tutti voi: “Confortatevi dunque a vicenda con queste parole”. Sì, confortatevi, state lieti, esultate: lo sappiamo tutti che stiamo vivendo una stagione difficile, un momentaccio da tutti i punti di vista. Possiamo avere anche delle paure, delle angosce, delle tristezze, ma occorre essere lieti ed esultare. Ci attende non la fine, ma il raggiungimento del fine. Ci aspetta non qualcosa, ma il tutto. Ci si prospettano non delle briciole, ma la pienezza. Ecco chi è lo sposo che ci viene incontro: Cristo Gesù; ecco quale sposa dobbiamo essere che gli corre incontro: la Chiesa con le lampade della fede e con l’olio dell’amore.