OmelieOmelie Gennaio 2021

6 gennaio 2021 – Solennità della Epifania – Don Samuele

Tempo di Natale – Solennità della Epifania del Signore

6 gennaio 2021

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Oggi l’evento grandioso del Natale esce dai piccoli confini del villaggio di Betlemme
e raggiunge i grandi confini del mondo. Oggi il Natale diventa grande come il mondo:

nessuna persona, nessuna epoca, nessun luogo, nessuna cultura, sono esclusi
dall’incontro con il Dio fatto uomo, per noi e per la nostra salvezza. A tutti Dio tende la
mano, a tutti mostra la sua luce, con tutti vuole vivere un incontro, dopo il quale tutti
possano dire di avere provato come i Magi una grandissima gioia.
Incontrare Dio per incontrare i fratelli
È questo un sogno coltivato da Isaia – come abbiamo sentito nella 1 lettura –: “ma
su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te”. Sogno di dimensioni planetarie,
perché il profeta non si accontenta di una soddisfazione personale, ma vede popoli interi
che si mettono a cercare il Signore: “Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo
splendore del tuo sorgere”. Persino dall’Africa, dal posto più lontano che gli ebrei a
quell’epoca conoscevano: “tutti verranno da Saba” (era la città della mitica Regina di Saba
che era andata ad incontrare il Re Salomone), il profeta sogna di vedere venire tutti gli
uomini di buona volontà a vivere la gioia dell’incontro, e profetizza quei doni simbolici
offerti dai Magi: “oro e incenso”, ma soprattutto gioisce al pensiero che essi offrono al
Signore non tanto delle cose – perché Dio non sa cosa farsene delle nostre cose –,
quanto la loro fede: “proclamando le glorie del Signore”. E questa manifestazione di Dio
(tale è il significato della parola greca Epifania), non costituisce una ostentazione di
potenza divina (Dio non vuole fare l’esibizionista), ma ha uno scopo ben preciso, che
abbiamo sentito esprimere nelle parole del salmo: “… egli libererà il misero che invoca e il
povero che non trova aiuto. Avrà pietà del debole e del misero e salverà la vita dei miseri”.
Il Signore si manifesta nel mondo non per sé stesso, ma per noi tutti, per la nostra
salvezza. Del resto, leggendo con pazienza la Bibbia è sempre successo così: tutte le
volte che Dio si è manifestato non lo ha fatto per sé, ma per noi, per liberarci dalle nostre
schiavitù (ricordate il famoso episodio del roveto ardente sul Sinai, Mosè vede questo
fenomeno insolito e sente questa voce che gli dice “Ti mando a liberare il mio popolo
schiavo in Egitto”).
Il Mistero di Dio: la Chiesa
Quello che per Isaia costituisce un sogno di ciò che sarà, Paolo lo definisce un
“Mistero”, cioè un progetto già realizzato, e ci ha anche detto in poche parole di che cosa
si tratta: “che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a
formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del
Vangelo”. In altre parole forse più semplici, con la venuta di Cristo si comincia a ricucire la
dispersione e la divisione cominciata alla torre di Babele; qualcuno comincia a riavvicinarsi
a Dio, e l’incomunicabilità, o l’ostilità tra gli uomini, grazie a Dio, cominciano ad essere
rimosse, l’uomo si ricompatta con se stesso e con gli altri, per il fatto di avere ritrovato Dio,
perché è Lui il principio e la sorgente dell’unità, dell’armonia, della comunione. Con Dio
diventa possibile questo, ma se manca Dio l’incomunicabilità e l’ostilità crescono a livello
esponenziale.
L’antica e la nuova identità dei Magi
Questo qualcuno di cui stiamo parlando è ben definibile, ci ha detto l’Evangelo: si
tratta di alcuni “Magi”, anche questa è una parola greca che traduciamo in italiano: ha tanti
significati, sapienti, astronomi/astrologi (a quell’epoca le due cose erano molto vicine),
scienziati/teologi, studiosi affamati di verità ed aperti alla Verità tutta intera. La tradizione ci
ha consegnato dei nomi: dal persiano o sanscrito Gaspare, al semita Melchiorre, fino
all’accadico/babilonese Baldassarre (sono tutte zone del Medio Oriente). Al di là dei nomi,
e dei particolari della loro visita a Gerusalemme – come ce l’ha raccontata Matteo –, nel
corso della quale essi si innalzano come vette dell’umanità, mentre Erode è un esempio di
quale baratro di bassezza può raggiungere l’uomo (perché nell’umanità, grazie a Dio, ci

sono le vette, ma, purtroppo, ci sono anche i burroni), è importante cogliere questo: “i Magi
erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di
Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare” (Benedetto XVI
fotografa in maniera meravigliosa l’identità, la fisionomia dei Magi). Mi sembra una
definizione splendida, soprattutto perché non si accontenta di tracciare il ritratto di uomini
vissuti millenni fa, ma indica chiaramente quale è la strada oggi per tornare ad essere
uomo e donna, o per diventare uomo e donna, per una umanità odierna che ha smarrito il
suo volto, la sua identità, la sua anima. Lo vediamo tutti che l’umanità del XXI secolo sta
perdendo se stessa, perché sta perdendo l’immagine e somiglianza di Dio che ha scolpito
dentro, ma quando si perde l’immagine di Dio, inesorabilmente, ci si identifica sempre più
con la macchina, – assumendo una vita tecnologicamente avanzata, ma sempre più
povera di nobiltà di valori e di relazione tra esseri umani -; oppure si avvicina sempre più
all’animale – regolando la propria esistenza non sulla ragione sull’istinto, sul capriccio, sul
rifiuto della coscienza e della fede in Dio -. Potremmo riscrivere la frase di Benedetto XVI
sui Magi applicandola a tutte le persone: “gli esseri umani veri sono quelle persone certe
che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che
l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare”. Una volta scoperta e decifrata la firma
di Dio l’uomo ha trovato la chiave della Verità, della sapienza, della bontà, della bellezza,
dell’amore, della dignità, la chiave per decifrare e risolvere il grande enigma della vita,
perché prima o poi tutti ce lo dobbiamo chiedere: “chi sono io? Da dove vengo? Dove
vado? Che senso ha la mia vita?”. Ha trovato, in altre parole tutto ciò che gli serve per
vivere e di cui non può assolutamente fare a meno. Erode, insieme a “tutti i capi dei
sacerdoti e gli scribi del popolo”, avevano a portata di mano questa scoperta – bastava
sfogliare le Scritture – e questa rivelazione, ma accecati dal potere, dall’orgoglio, dalla
vanagloria, hanno preferito affidare la loro felicità e la loro realizzazione a questa
chincaglieria di nessun valore, e sono tutti uomini che la storia volentieri dimentica, perché
non hanno lasciato nessuna traccia di sé. I Magi, al contrario, “provarono una gioia
grandissima” trovando Dio, e noi siamo qui ancora dopo 2000 anni a ricordarli. Spero
abbiate la grazia di visitare qualche volta la città di Colonia, in Germania, dove sorge
miracolosamente, dopo i bombardamenti della 2 guerra mondiale – le foto sono
impressionanti: la città rasa al suolo, l’unico edificio in piedi il gigantesco Duomo –, una
delle cattedrali gotiche più magnifiche del mondo, ed ammirare la spettacolare arca con le
reliquie dei Magi, si prova un brivido pensando che in quel meraviglioso reliquiario ci sono
le loro ossa, pensare alla loro storia, alla loro ricerca, per provare almeno una briciola di
nostalgia per la loro ricerca infaticabile, per la loro scoperta, eccola qui descritta: “Ora
imparano che devono donare se stessi – un dono minore di questo non basta per questo
Re. Ora imparano che la loro vita deve conformarsi a questo modo divino di esercitare il
potere, a questo modo d'essere di Dio stesso. Devono diventare uomini della verità, del
diritto, della bontà, del perdono, della misericordia. Non domanderanno più: Questo a che
cosa mi serve? Dovranno invece domandare: Con che cosa servo io la presenza di Dio
nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se stessi.
Andando via da Gerusalemme, devono rimanere sulle orme del vero Re, al seguito di
Gesù” (Benedetto XVI ai giovani a Colonia per la Giornata mondiale della Gioventù
davanti alle reliquie dei Re Magi). Vi auguro di cuore di provare la loro identica gioia
grandissima in Cristo, perché anche voi avete sperimentato la grazia di non vivere più per
se stessi, ma donando se stessi, diventando uomini e donne nuovi nella Verità di Cristo.