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25 Ottobre 2020 – Tempo durante l’Anno XXX Domenica (anno A) – Don Samuele

Tempo durante l’Anno – XXX Domenica A – 25 ottobre 2020

 

Sia lodato Gesù Cristo – Sempre sia lodato

 

Sembra una domanda peregrina, quella posta a Gesù, nella pagina evangelica di oggi. In realtà, al di là delle intenzioni poco trasparenti dei “curiosi” – l’Evangelo lo dice chiaramente: volevano porre dei tranelli, volevano prendere in castagna Gesù – la questione è molto seria: nelle tante cose della vita, è possibile fare ordine? È ipotizzabile avere una gerarchia dei valori e delle priorità nella vita, o dobbiamo rassegnarci al fatto che il mondo è una enorme stanza sempre in un caotico disordine? Tutti abbiamo una stanza in casa dove regna il caos, chiudiamo la porta e non si vede più. E se andiamo sul piano religioso, si pone la stessa questione: tra le tante cose della fede ci sono degli essenziali, delle priorità, o le quisquiglie hanno la stessa rilevanza degli assoluti? Gesù ha risposto chiaramente. La risposta che emerge dal contesto socio-culturale odierno è abbastanza scontata: va bene tutto ed il contrario di tutto, sono rispettabili tutte le opzioni, anzi, se qualcuno osasse manifestare un minimo dissenso alla diffusa dittatura del relativismo, rischierebbe di incappare in un reato di opinione e di essere perseguibile penalmente, e questo accadrà se le cose prenderanno una certa piega nelle legislazioni dell’occidente post cristiano. Dovremo stare attenti, perché se esprimeremo un pensiero o un’opinione di tipo morale, rischiamo il carcere.

 

Le parole della Legge e le parole dell’Amore …

La domanda trabocchetto avanzata da farisei e dottori della Legge trova in Gesù una risposta non evasiva, ma chiara e adamantina. Una risposta che non riposa nell’uomo e nelle sue abitudini, ma in Dio. Quale è il primo, il principale, il più importante dei precetti? Qual è il primo comandamento? Lo sanno anche i ragazzi del catechismo: “Io sono il Signore tuo Dio, primo, non avrai altro Dio all’infuori di me”. Il Signore Gesù non risponde citando alcuno dei 613 precetti della Legge mosaica, né uno dei 248 positivi (cioè si deve fare così, bisogna fare questo!), – tanti quanti le ossa del corpo umano –; né i 365 negativi (non bisogna, non si deve fare questo), – tanti quanti i giorni di un anno –. Quindi significa che i precetti e le regole di Mosè riguardavano la persona ed il mondo; in queste regole vi era tutto quello che l’uomo ed il mondo devono o non devono fare. Gesù non ha usato questa risposta, recupera il primo comandamento al di fuori dei testi legislativi, attingendo nel capitolo 6 del Deuteronomio, ovvero nel testo di preghiera classico per gli ebrei, lo Shemà Israel. È la preghiera quotidiana di Israele. Queste sono le parole non della Legge, ma dell’amore; questo è lo spirito, non del legislatore, o peggio del leguleio, ma dell’innamorato; questo è l’atteggiamento non del suddito, che deve rispettare un codice – pena una ritorsione – ma di un figlio chiamato ad amare il Padre. In Israele, ripetute più volte al giorno nella preghiera personale, familiare, popolare (come noi facciamo con le parole del Padre nostro), queste parole hanno educato per secoli un popolo a cercare Dio e ad amare Dio, in risposta all’amore che Dio aveva riversato, come un fiume in piena, sul suo popolo. Proprio per questa reciprocità, per questa andata e questo ritorno, l’amore tra Dio ed i suoi figli è esclusivo, assoluto, immenso: con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta la vita.

 

… per fare ordine nella vita

Come si fa, dunque, a mettere ordine nella propria vita? Semplice, basta restituire a Dio quella centralità e quella esclusività che è tanto logica, ed è pure tanto facile smarrire. Sì, è triste e amaro dirlo, ma una delle cose che ci vengono più facili e spontanee, è quella di spodestare Dio dal cuore e sostituirlo con un numero incalcolabile di “vitelli d’oro” di varia specie. Forse non ci rendiamo conto abbastanza della stupidità che evidenzia tale manovra, ma si tratta di una vera e propria epidemia, peggio del coronavirus. Proviamo ad elencare alcune di queste dicotomie: Dio ed il serpente (nel libro della Genesi); Dio ed il vitello (nel libro dell’Esodo); Dio ed il potere; Dio e l’apparire; Dio e l’avere (nei racconti delle tentazioni di Gesù) … è la guerra permanente che si consuma nel cuore e nella vita. E Dio ci chiede di essere trattato come assoluto, non perché è un despota, ma perché ha dovuto infinite volte “snudare il suo santo braccio”, direbbe l’Antico Testamento, per combattere al fine di restituirci a noi stessi, riacquistando la dignità e la libertà che abbiamo perduto, ogni qualvolta abbiamo perduto Lui. Si tratta di una questione seria per il cristianesimo del terzo millennio, perché la fede oggi rischia di essere infarcita di dettagli ma priva dell’essenziale: Dio! In quante prediche, in quanti documenti anche ufficiali, l’unica parola che non risuona più è Gesù Cristo, Dio! Sì, perché ormai ci dobbiamo occupare di ecologia, di immigrazione … che sono tutte cose importanti, e chi lo nega? Ma noi non siamo una onlus, siamo la Chiesa di Cristo! È chiaro che se diventiamo poveri di amore verso Dio, inesorabilmente, risultiamo poveri di amore vero per le persone, e anche noi ci accodiamo a quelli che dicono, magari con un po’ di tachicardia: “ti voglio bene”! Ma chi se ne frega, vogliamo bene ai cani e ai gatti, alle persone si deve molto di più del volere bene: “voglio il tuo bene!”. Ce lo stiamo dicendo parecchie volte in queste Domeniche. Se non si offre Dio alla gente, non si dà nulla, perché nel momento in cui si smette di amare Dio, si incomincia a mettere dei paletti: questo sì, e quello no; questo è simpatico e quello è antipatico; questo risponde ai miei gusti e quello no. Si restringe continuamente il perimetro di chi è degno di attenzione e di amore. Nelle comunità cristiane di tutto il mondo queste non sono ipotesi.

 

Cristo rivelazione e dono di amore

Quanto più Dio viene rimesso al centro, tanto più l’uomo si ritrova al centro. E quanto più Dio viene offuscato, tanto più l’uomo viene ottenebrato, soprattutto dal momento in cui il Signore Gesù ha reso inscindibili i due comandamenti, anzi, li ha coniugati in uno solo, e non sui codici, ma nella sua persona. In Lui non è più possibile distinguere Dio dall’uomo, perché Gesù è totalmente Dio, quanto è totalmente uomo. Cristo è totalmente amore per Dio, quanto totalmente amore per l’uomo. In Cristo Dio ha deciso di amare l’uomo sempre, comunque, radicalmente, e da questa decisione di Dio deriva il comandamento suggerito dal Signore: se Dio è così, e si comporta così, l’uomo che è sua immagine e somiglianza, non può che essere così, e agire così. È questione di identità, e di verità. Solo in Cristo si capiscono pienamente le anticipazioni dell’Antico Testamento, dove era già maturata, per rivelazione, la cura dell’orfano, della vedova, del forestiero, le tre categorie più esposte alla povertà e all’ingiustizia. Perché prendersi cura di loro? Perché così ha fatto Dio con Israele. Giriamo la domanda: perché dobbiamo essere “amanti”? Perché siamo “amati”! questa è l’unica ragione.

 

Nulla è impossibile a Dio

Se spostiamo il baricentro della vita, dalle leggi o dalle consuetudini, all’amore, ciò che sembra eccessivo o impossibile, diventa naturale. E come Dio si erge a difensore dei piccoli, dei deboli, degli ultimi, così i figli di Dio avvertono la necessità, o meglio, la vocazione, l’ordine, di farsi “tutto a tutti”, secondo la felice espressione di S. Paolo. Sembrerebbe utopia pura, ma i fatti smentiscono questo alibi. Non posso dimenticare il racconto del Vescovo emerito di Brescia, Mons. Foresti, durante un Quaresimale, e la sua ammirazione nei confronti di una piccola parrocchia della sua Diocesi, sul lago d’Iseo, dove la gente si era presa spontaneamente e coralmente l’impegno di far sì che nessuno dei suoi anziani dovesse ritirarsi in una casa di riposo. E così un po’ tutti: bambini, giovani, adulti, dedicavano tempo e amore, affinché nessuno, “orfano, vedova, forestiero” in quel piccolo paese, né ai più deboli, mancasse di affetto e di servizio. Poteva essere per la spesa, per una ricetta, per accompagnare ad un esame in clinica. Questo accadeva in una normalissima parrocchia delle nostre terre. È una splendida incarnazione moderna della pagina dell’Esodo, ed una dimostrazione che in questo campo, come in molti altri, vale la regola del “tutto si puote ciò che si vuole”. Nella vita questo accade sempre: quello che vogliamo fare troviamo sempre il tempo ed il modo di farlo; e quello che non abbiamo voglia di fare, abbiamo sempre un milione di scuse perché non c’è possibilità, non c’è tempo, non c’è mezzo. A me succede, e suppongo capiti anche a voi. Sì, perché dove c’è di mezzo Dio, protagonista è sempre l’uomo, e dove c’è di mezzo l’uomo, protagonista è sempre Dio. Il comandamento che oggi la Liturgia pone sulle nostre spalle, non ci fa servi, ma amici; non ci schiavizza e non ci umilia, ma ci fa liberi e grandi: chi vuole essere grande tra noi, doni tutto e serva i fratelli.

 

Neppure amare sulle misure del mondo

Sulla scorta degli eventi degli ultimi mesi: prima l’esodo di masse incalcolabili, poi la pandemia che ci ha resi tutti “orfano, vedova, forestiero”, non possiamo che allargare questo discorso alle dimensioni del mondo. Anche il comandamento di Gesù, oggi va dilatato secondo le misure della globalizzazione: non è più solo la persona singola, ma il popolo, i continenti, la cui fame di aiuto e di amore chiede cristiani e uomini di buona volontà, disposti a spendere il talento dell’amore che Dio ha deposto nel cuore dell’uomo. Abbiamo avuto, grazie a Dio, esemplarità encomiabili di credenti e di uomini e donne maturati nel solco del cristianesimo, che ha fecondato per secoli e millenni la nostra terra. Un bilancio della vita delle persone, di un’epoca, sarà positivo solo se tradurrà quanto S. Paolo dichiara a conclusione del capitolo XIII della prima Lettera ai Corinzi: alla fine di tutto “dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore” (1 Cor. 13,13). Questo si incarna principalmente in quel microcosmo che è la famiglia, realtà che oggi vogliamo celebrare e proporre alle giovani generazioni. È entrato dentro la nostra società una epidemia, un cancro che distrugge questo valore. Una famiglia non può edificarsi sulla “prova” (si provano le macchine, si provano i pantaloni in un negozio, non le persone), non sull’umore, non part time; ma una famiglia che ha come fondamento l’amore, che è totalità, è sacrificio, è dedizione, è avere più a cuore la sorte di un’altra persona che di se stessi. L’amore non è bisogno adolescenziale di essere soddisfatti in tutti i nostri capricci, anche se la società cerca di inculcarci questo, ma l’amore è determinazione a dedicare e spendere la vita per chi si ama, perché non vi è amore più grande di questo, ed il sacramento del Matrimonio aiuta ed abilita i giovani a questo. Sentite come ne parla uno dei martiri del nazismo, Dietrich Bonhoeffer in una lettera a due suoi amici sposi, del maggio 1943:Il matrimonio è più del vostro amore reciproco, ha maggiore dignità e maggior potere. Finché siete solo voi ad amarvi, il vostro sguardo si limita nel riquadro isolato della vostra coppia. Entrando nel matrimonio siete invece un anello della catena di generazioni che Dio fa andare e venire e chiama al suo regno. Nel vostro sentimento godete solo il cielo privato della vostra felicità. Nel matrimonio, invece, venite collocati attivamente nel mondo e ne divenite responsabili. Il sentimento del vostro amore appartiene a voi soli. Il matrimonio, invece, è un’investitura e un ufficio. Per fare un Re non basta che lui ne abbia voglia, occorre che gli riconoscano l’incarico di regnare. Così non è la voglia di amarvi, che vi stabilisce come strumento della vita. È il matrimonio che ve ne rende atti. Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio: è il matrimonio che d’ora in poi, porta sulle spalle il vostro amore. Dio vi unisce in matrimonio: non lo fate voi, è Dio che lo fa. Dio protegge la vostra unità indissolubile di fronte ad ogni pericolo che la minaccia dall’interno e dall’ esterno. Dio è il garante dell’indissolubilità. È una gioiosa certezza sapere che nessuna potenza terrena, nessuna tentazione, nessuna debolezza potranno sciogliere ciò che Dio ha unito. Ecco l’augurio di un grande uomo ad una giovane coppia. Auguri, dunque, a tutti gli sposi che oggi celebrano un anniversario significativo del loro matrimonio, auspico per voi quella capacità di amarvi, nonostante il passare degli anni e dei decenni, che S. Agostino, a commento alla prima lettera di Giovanni ha sintetizzato splendidamente così:

Ama, e fa’ ciò che vuoi;
se taci, taci per amore;
se correggi, correggi per amore;
se perdoni, perdona per amore;
abbi sempre in fondo al cuore la radice dell’amore;
da questa radice non possono che sorgere cose buone
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