Letture

Lettera del parroco agli studenti delle scuole medie e superiori

Carissimi studenti che frequentate le scuole medie e superiori,

so che siete tutti esperti di comunicazione sui social, mondo che, invece, io, conosco poco, perciò, come ho già fatto con altre categorie di persone, vi scrivo attraverso il sito della Parrocchia: non essendo pratico di gruppi WhatsApp, mi accontento di esserlo un po’ più di comunità.

Ho pensato spesso a voi in questo periodo, raffigurandomi ancora studente, di fronte ad un evento come quello del coronavirus, che ha interrotto improvvisamente e bruscamente la scuola. I primi giorni, probabilmente, lo avete salutato come un “amico”, che vi alleggeriva il fardello scolastico. Così avrei fatto io alla vostra età, ma poi, a lungo andare, sono convinto che avete provato un po’ di nostalgia della scuola.

L’impegno di studio, infatti, porta molti di voi in paesi e città fuori dal nostro territorio, il che consente di gustare la propria libertà, vivendo una autonomia che, a casa o nel proprio paese, non sempre si pensa di avere. L’incontro quotidiano con amici e compagni di classe o di istituto è cosa certamente gratificante: la stagione dell’adolescenza, infatti è caratterizzata dalla cosiddetta desatellizzazione dai genitori e dalla famiglia, in vista di una nuova satellizzazione, attorno al gruppo, alla compagnia, agli amici. Tra questi, facilmente, scatta quella che, in passato, veniva chiamata “la prima cotta”, cioè l’innamorarsi di qualcuno: un’esperienza forte, affascinante, capace di catturare la mente, il cuore, la fantasia. Voglio sperare che vi manchi anche la frequentazione con i vostri insegnanti, tra i quali, certamente, ve ne saranno alcuni “poco digeribili”, ma, sicuramente, vi saranno anche persone che apprezzate, e che sentite utili e preziose per la vostra crescita e per la formazione della vostra personalità, oltre per il fatto che vi trasmettono un bagaglio culturale considerevole.

Forse, in assenza della scuola, come luogo fisico, e come ambiente umano, avete provato – magari per la prima volta in vita vostra – ad apprezzare e a desiderare di vivere questa esperienza. Sono sentimenti che i vostri coetanei sparsi nel mondo, impossibilitati a frequentare regolarmente un percorso educativo, hanno normalmente nel cuore. Povertà, carenza di strutture e di insegnanti, necessità di dedicarsi giovanissimi al lavoro massacrante, sistemi sociali, economici, politici, di un certo tipo, non consentono ai giovani di avere quelle occasioni di istruzione e di educazione che voi avete, e che, da qualcuno, possono essere anche snobbate. Lasciatemelo dire, perché ho frequentato per diversi anni la scuola in veste di insegnante, sia alle medie, che alle superiori, che all’Università, ed ho davanti agli occhi un ventaglio incredibile di tipi studenteschi.

Vi chiederete perché mi sono deciso a scrivervi una lettera, e la risposta è semplicissima.

Primo perché in questi mesi sto scrivendo a diverse categorie di persone, per incontrarle come posso, per dialogare con loro, e trasmettere un filo di speranza, se ci riesco. Non intendo certamente trascurare una componente importante della società come quella degli studenti, anche se ho già scritto ai giovani. Ecco, lo scopo primo era di comunicarvi il mio pensiero costante ed il mio sincero affetto, perché in un contesto sociale così precario, come quello stabilito dalla pandemia del coronavirus, si può rischiare di perdere la fiducia, la speranza, l’amore per le cose belle e buone della vita.

Quando ero studente liceale come molti di voi, capitava spesso che la mia professoressa di greco ci portasse a riflettere sul concetto di kalòs kai agathos, tanto presente nella cultura ellenistica. Questa espressione esprime uno stile di vita, e significa “il bello ed il buono” come ideale, due dimensioni indivisibili dell’esistenza, che vorrei raccomandarvi come criterio delle vostre scelte. Essere appassionati di ciò che è bello e di ciò che è buono, aiuta a superare le fasi critiche, i momenti difficili, le ore cruciali della storia, stagioni in cui sembra che non vi sia la possibilità di un presente accettabile e di un futuro desiderabile. Se posso permettermi un consiglio: fidatevi del bello e del buono, sperate nel bello e nel buono, amate il bello ed il buono. Si tratta di armi che consentono di vincere tante battaglie.

Secondo, perché vorrei confidarvi una mia convinzione, basata su una straordinaria espressione del Vangelo di Giovanni: “Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi” (cap. 8,32). Sono sicuro che una delle cose che sentite più necessarie e preziose è la libertà. Il problema è che per ottenerla e per viverla, tante volte si cade vittima di equivoci e fraintendimenti, per cui, anziché diventare liberi, ci si ritrova prigionieri e schiavi di gabbie costruite con le proprie mani, dove ci si è rinchiusi, grazie al pregiudizio e al travisamento di valori fondamentali. Poiché vi sto scrivendo nel giorno del centesimo anniversario di nascita del grande Papa Giovanni Paolo II, mi riferisco a lui: ricordo di averlo sentito spesso ripetere ai giovani, che “la libertà non sta nel fare tutto quello che si vuole, ma tutto quello che si deve”. Vi suona strana questa frase? Se ci pensate bene è assai logica: se fai tutto quello che vuoi, sei prigioniero del tuo capriccio, della tua immaturità, dei condizionamenti delle varie mode. Se fai tutto quello che devi, ti trovi ad obbedire alle scelte belle e buone che tu hai fatto, perché con la tua intelligenza hai capito ciò che merita il tuo assenso, e con il tuo cuore ami quello che merita veramente di essere vissuto. Bene, se questa è la massima aspirazione di una giovane esistenza, in ricerca del significato della sua vita, quale lo strumento per ottenere ciò? Il Vangelo ti risponde che la Verità è la condizione senza la quale non puoi ottenere la tua libertà. Amala e cercala la Verità!

È per questa ragione che tutte le dittature, per instaurarsi e consolidarsi, hanno chiuso scuole, università, giornali, case editrici di libri, chiese, perché la Verità rende liberi. Ed impedire l’accesso alla verità è la strategia che il potere ha per conservare se stesso indisturbato. La scuola, se vissuta come luogo di ricerca della verità, è una enorme occasione per conoscere e gustare la libertà, per appropriarsi della libertà. Questa cosa l’hanno capita molto bene gli studenti – dai giovani della primavera di Praga, con Jan Palach che si è bruciato vivo in piazza S. Venceslao, ai giovani di piazza Tienanmen di Pechino, presentatisi disarmati contro i carri armati –, tutti hanno lottato perché nessuna dittatura impedisse loro l’accesso alla Verità, e quindi alla libertà. È per questa ragione che oso proporvi una enormità: amate la scuola, anche se non sempre è facile. È più facile amarla dopo che si è terminato il curriculum di studi, che durante, ve lo dico perché ci sono passato anch’io, come tutti quelli che hanno trascorso la giovinezza tra corsi, libri, professori, esami.

E già che ci sono ve la dico tutta: la frase “Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi”, ha una premessa: “Se rimanete ben radicati nella mia parola, siete veramente miei discepoli”; ed ha pure una conclusione: “Dunque, se il Figlio vi renderà liberi, sarete veramente uomini liberi. Entrambe hanno un senso, perché la Verità non è una idea astratta, è una persona in carne ed ossa, nella quale occorre radicarsi, e seguendo la quale la libertà non è una impressione o una illusione, ma una realtà. Questa persona si chiama Gesù Cristo. Non so se la scuola ha ancora l’onestà intellettuale di parlarne, anche semplicemente per il fatto che nessun uomo ha inciso ed influito sull’umanità quanto Lui. So solo che, qualche anno fa, un giornale inglese annunciava una statistica effettuata tra i giovani studenti delle superiori nel Regno Unito, sui personaggi più interessanti per i ragazzi: ebbene Gesù Cristo figurava al 120 e ultimo posto, a pari merito con il presidente degli Stati Uniti d’America George W. Bush.

Non so a voi, ma a me la cosa impensierisce ed intristisce parecchio. E mi fa pensare ad una storia che ho letto, non ricordo più dove. È la storia di un gruppo di scienziati che aveva messo a punto un mega computer, capace di raccogliere in pochissimo tempo tutti i nomi e i titoli di Dio, raccolti da uomini e culture, in tempi e luoghi diversi. Una volta raccolti, dovevano essere cancellati, per eliminare Dio dalla memoria e dal cuore del mondo. Ci volle comunque del tempo per raggiungere lo scopo, ma, finalmente, vi arrivarono. Quegli scienziati salutarono e festeggiarono il giorno in cui, eclissato Dio, si sarebbe instaurato nel mondo il dominio della scienza e della tecnologia. Solo che, uscendo dal laboratorio, a notte inoltrata, si accorsero che nel cielo le stelle cadevano una ad una, finché il firmamento rimase vuoto e completamente oscurato.

Mi auguro che la pandemia di coronavirus vi abbia un poco costretti a pensare e ripensare la vita, insieme ai testi della letteratura, della filosofia, o della narrativa che la scuola vi ha proposto, e che, tra i vostri pensieri, sia balenata anche una collezione di domande: da dove vengo? Chi sono? Dove vado? Perché esisto? Perché c’è qualcosa anziché niente? Chi mi attende, altro e oltre? E mi auguro pure che tra le risposte, sicuramente suggeritevi dalla mente e dal cuore, una sia veramente appagante, veramente veritiera, veramente liberante: Gesù Cristo, amico e liberatore del cuore.

Vi auguro di affrontare la situazione sociale che stiamo attraversando con senso di responsabilità, di ottimismo, di fiducia nel futuro, e di vedere presto giorni dove la vita e la speranza fioriscono e danno frutti gustosi, per la vostra gioia.

Con questi sentimenti e atteggiamenti viviamo il presente ed il futuro che il Signore ci dà da vivere, e preghiamo che la grazia del Risorto, dia luce, calore, energia al nostro oggi e al nostro domani. Per intercessione di S. Giuseppe da Copertino, patrono degli studenti, Dio vi benedica.

Don Samuele

Cliccando su questo link è anche possibile scaricare la lettera in formato PDF.