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Saluto ed Omelia di Don Samuele per le Prime Comunioni di Domenica 7 Gennaio

Don Samuele non potrà essere presente fisicamente in questa importante giornata; ha voluto comunque far sentire la propria vicinanza ai bambini e alle famiglie che oggi celebrano la Prima Comunione.

Ecco il suo videomessaggio:

Ed ecco a seguire l’omelia che Don Samuele aveva preparato per la celebrazione e che vuole condividere con tutte le persone che a Sabbioneta e Breda hanno vissuto questa importante giornata.

Domenica quinta – Messe di Prima Comunione
 
Omelia che Don Samuele avrebbe voluto proporre alla Comunità
        Dopo avere riflettuto Domenica scorsa sulla figura del profeta, oggi la Liturgia ci porta a considerare la realtà del dolore. È un argomento che non vorremmo mai affrontare, ma, con il quale è necessario fare i conti continuamente, specialmente nell’ultimo anno, quando abbiamo visto quasi 100.000 morti di coronavirus solo in Italia, un numero enorme di ammalati, e un dramma nel dramma, per la solitudine cui sono stati costretti coloro che invocavano la vicinanza di parenti e di amici, e non potevano averla.
L’antico dramma del dolore
           Ma questa condizione non è nuova. Ce l’ha raccontata Giobbe nella 1 lettura di oggi, descrivendo la sua esperienza tragica: “a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate”, e confidandoci il suo stato d’animo nei confronti della vita, spesso tanto amara: “I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svanisco­no senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene”. Queste parole possono valere per una sofferenza fisica, ma anche per una sofferenza spirituale, o psicologica, che, talvolta, può essere ben più grave e lancinante di un dolore fisico. Oggi nella nostra comunità celebriamo la Messa di prima comunione per un bel gruppo di ragazzi, e con questo gesto viviamo un momento di gioia purissima, ma sappiamo bene di aprire loro, con questo gesto, la porta della preadolescenza e della adolescenza, con tutte le sofferenze interiori ed esteriori che i ragazzi vivono, con tutti i problemi e le frustrazioni che i genitori affrontano, e che provocano sofferenze a volte lancinanti. Per tutti viene, prima o poi, il momento di incontrarsi e di scontrarsi con la sofferenza, di fare i conti col dolore. Dove sta la medicina? E chi è il medico che può prescriverla?
Lo sguardo di amore, la compassione, la cura di Gesù
      Se Dio “Risana i cuori affranti e fascia le loro ferite”. Se il Signore “conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome”, come abbiamo pregato nel salmo, volete che non abbia a cuore ciascuno di noi? Lui ci conosce per nome, Lui ci ama singolarmente e specificamente, uno per uno. Questo non è un teorema, ma è una persona ed una storia che ce lo hanno rivelato. È Gesù che si accosta alla suocera di Pietro che è malata, e la guarisce. È “tutta la città riunita davanti alla porta” di casa, è una folla di malati e di indemoniati, e su di loro si posa lo sguardo di amore, la compassione, la cura di Gesù per tutti coloro che soffrono. Lo stesso sguardo di amore, l’identica compassione, la medesima cura di Gesù, per tutti coloro che soffrono, non sono mai venuti meno, continuano in questo momento per tutti noi, per questi ragazzi che per la prima volta incontrano Gesù Eucarestia, per i loro genitori, per la nostra Comunità. Lo stesso sguardo di amore, l’identica compassione, la medesima cura di Gesù noi li possiamo ricevere in quell’incontro di salvezza con Lui che è la preghiera, in particolare la Messa di ogni Domenica, tanto è vero che l’Evangelo di oggi ci ha ricordato che Gesù “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”. Sì, perché il Figlio di Dio sapeva benissimo che solo l’unione profonda con il Padre è fonte di vita, di gioia, di guarigione, di speranza. E quando gli prospettano una facile popolarità che manderebbe in visibilio tanti: «Tutti ti cercano!», Gesù risponde: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». Non c’è applauso o approvazione umani che possano valere quanto l’approvazione ed il consenso di Dio. Ricordiamocelo, e trasmettiamo questa convinzione anche alle giovani generazioni, così facilmente condizionate e condizionabili da un “mi piace”, o da quello che i social dicono, chiedono, pretendono dalla nostra anima. Se non li educhiamo a stimare necessario il consenso di Dio, questo è il modo migliore per impedire al cervello di pensare, allo Spirito di ispirare, alla coscienza di governare la nostra libertà, questo è lo scivolo per lanciarsi in esperienze aberranti.
Lo sguardo di amore, la compassione, la cura di Gesù per la vita
         Lo sguardo di amore, la compassione, la cura di Gesù per tutti coloro che soffrono ha una forte valenza educativa, che la parrocchia non può ignorare, ma deve attuare secondo le condizioni e le esigenze di ciascuno. Il Signore Gesù vive oggi nella comunità di coloro che credono in Lui, nella sua Chiesa, nella nostra parrocchia. Quale grazia se, come davanti a Lui, così pure davanti a noi ci fosse “tutta la città riunita davanti alla porta”, una folla di malati e di indemoniati, sui quali posare lo stesso sguardo di amore, la medesima compassione, l’identica cura di Gesù per tutti coloro che soffrono. E, tra questi, anche coloro che bussano alla porta della vita, e rischiano di trovare una porta sbarrata, mi riferisco a tutti quei bambini che chiedono il diritto di poter nascere e di poter vivere, e sono, invece, considerati, una minaccia ai diritti altrui. Oggi è la giornata per la vita, e le situazioni nel mondo sono le più diverse: il nuovo presidente americano ha annunciato il rafforzamento dell’Obamacare, revocando le restrizioni sull’aborto, ed ha firmato un memorandum per revocare la cosiddetta «Mexico City Policy», che vietava di usare i soldi dei contribuenti Usa per finanziare le organizzazioni abortiste, con questa motivazione: «È ora di dire basta ai diritti negati alle donne nel nostro paese e all’estero, ed è ora di agire per proteggerli». Chi non si allinea è in pericolo. In Polonia una sentenza della Corte costituzionale ha esteso ulteriormente una legge antiabortista fra le più restrittive al mondo. Conseguenza: migliaia di persone sono scese in piazza dopo che il governo di Varsavia ha fatto sapere che quella sentenza sarebbe diventata effettiva una volta pubblicata. Fumogeni, striscioni e bandiere arcobaleno, nonostante le misure anticovid. Bruxelles non è stata a guardare. L’Unione Europea ha bacchetto la Polonia, definita arretrata e misogina. «È un attacco ai diritti umani e fondamentali (…). Non c’è posto per un tale disprezzo per l’umanità in Europa», ha sottolineato la presidente della commissione per diritti delle donne e per l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo. E i diritti dei bambini dove stanno? E chi si erge a difendere i più deboli e senza voce? Vi risparmio commenti sulla situazione in Italia, perché abbiamo modo di leggere sui giornali affermazioni e posizioni che esprimono una preoccupante cultura di morte. Salvo poi versare lacrime di coccodrillo, perché nell’ultimo anno, a fronte dei 700.000 morti, si contano solo 400.000 nati, il che significa che in un anno, in Italia è scomparsa una città grande come Bari, Catania, Verona, o Venezia. Oggi non siamo qui per fare un processo a nessuno, ma solo per affermare il nostro amore per la vita, e la nostra preghiera, perché ogni vita torni ad essere sacra, quella del bambino come quella dell’anziano, quella del giovane come quella dell’adulto, quella dell’uomo come quella della donna, quella del bambino in attesa di nascere come quella di chi fatica a morire.
Una missione per tutti
        Vorrei affidare ai bambini che oggi per la prima volta si incontrano con Gesù nell’Eucarestia, ai loro genitori ed educatori, e a tutta la comunità quella missione appassionante che Paolo ci ha confidato nella seconda lettura: “è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!”. Lo possono fare anche i bambini, lo devono fare tutti i giovani e gli adulti cristiani, perché la fede cresce nella misura in cui la si comunica. E la fede si incarna se ognuno sa dire: “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io”. Questo è il frutto maturo di questa Eucarestia, di ogni Eucarestia, è la conseguenza di quella comunione con Gesù che oggi comincia per i più piccoli e che deve crescere grazie a degli adulti, testimoni di una vita Eucaristica.