OmelieOmelie Marzo 2020

1 marzo 2020 – I Domenica di quaresima (anno A) – Don Samuele

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

 

Abbiamo avuto anche quest’anno la grazia di poter iniziare il tempo sacro della Quaresima. Dico questo perché si tratta di un tempo prezioso per fare verità su noi stessi e sulla nostra vita, e per riscoprire e rigustare la fede come conditio sine qua non per una vera umanità.

 

Proibito parlare di peccato

Siamo in un tempo storico dove la menzogna, eretta a sistema, rischia di apparire come l’unica verità possibile ed accettabile dalla maggioranza delle persone. Per questo motivo il linguaggio definito “politicamente corretto” sta inesorabilmente prendendo il posto di quella verità, che, talvolta, può risultare anche crudele, ma che ha la grande capacità di farci liberi. Nel vocabolario del linguaggio “politicamente corretto” non trovano spazio parole e concetti sgradevoli, offensivi per le orecchie ed i palati delicati, di chi sa solo fare lo struzzo che nasconde la testa nella sabbia per non vedere la situazione spiacevole che lo circonda.

 

E l’uomo è peccatore

E così termini come male, peccato, tentazione, sono divenuti irricevibili ed impronunciabili. Ma la Liturgia – per grazia di Dio – non ha timore, ogni anno, la prima Domenica di Quaresima a smentire clamorosamente il mito illuministico del “buon selvaggio” – tale sarebbe l’uomo, secondo una visione buonista, deformata, e deformante. E per questo si avvale non di patetiche indagini sociologiche, ma delle parole della Genesi, che, in modo simbolico, con immagini che facilmente si imprimono nella mente e nel cuore, ci dichiara l’origine divina, sublime dell’uomo, creato da Dio per essere nel mondo la immagine e somiglianza del Creatore. Collocato in una situazione paradisiaca, l’uomo avrebbe semplicemente dovuto gestire con buon senso, intelligenza, sapienza, la creazione, ed invece questo capolavoro che è l’uomo si dimostra non all’altezza della fiducia del Creatore, perché di fronte alla proposta di un Dio e di una bestia, schifosa come è il serpente, non esita minimamente a dare maggiore credito al serpente che a Dio, benché Dio proponga una cosa ragionevole, e la bestia, invece, quanto di più irrazionale vi possa essere. Risultato di tanta stupidità l’accorgersi da soli di essere nudi, cioè niente. La lettura tralascia pietosamente di offrirci lo spettacolo squallido del rimando delle responsabilità dall’uomo alla donna e dalla donna alla bestia, ma sappiamo che questo è lo stile umano. Sì, perché, nessuno ha il diritto di puntare il dito e di incolpare Adamo ed Eva di ignoranza: in effetti Adamo ed Eva sono il prototipo ed il ritratto di ogni uomo e di ogni donna. E quel peccato originale ed originante è l’illustrazione, mediante dei simboli, di ogni scelta negativa da noi compiuta, di ogni peccato da noi commesso. Tutti ci troviamo quotidianamente di fronte ad un Dio che parla per amore ed una o più bestie che parlano per malvagità, e noi, proprio perché persone libere, possiamo e dobbiamo decidere a chi preferiamo dare credito, a chi vogliamo offrire la nostra obbedienza.

 

Gravità del peccato, radicalità della salvezza

Molti si scandalizzano ad ascoltare questa fotografia non sdolcinata della nostra condizione, ma dovrebbero far tesoro anche di quanto ci viene detto dopo. Paolo, dopo averci ammonito che, “come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato”, ci assicura che “Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti”. Se enorme è stato il danno provocato da Adamo, dall’uomo, da Eva, dalla donna, immenso è il dono conquistatoci da Cristo. È evidente che il dono funziona nella misura in cui ci lasciamo sempre più alle spalle la maniera di vivere di Adamo, per abbracciare la scelta di vita di Cristo.

Ci crediamo ancora che vi è un uomo vecchio ed un uomo nuovo, e noi non siamo condannati né ad essere l’uno o l’altro, ma siamo liberi di scegliere se vogliamo essere vecchi e decrepiti o nuovi e vitali? Ci crediamo che senza Cristo siamo poveri e nudi e con Cristo siamo rivestiti di ogni grazia e verità?

 

Il fardello della libertà

L’Evangelo di questa Domenica ci assicura che questa condizione di libertà, talvolta fardello pesante da portare, ha segnato anche la vita di Gesù. Lui pure, proprio subito dopo il Battesimo, momento nel quale aveva fatto la scelta, confermata dallo Spirito, di essere uomo alla maniera del figlio, la scelta cioè di obbedire filialmente al Padre, si trova catapultato dallo Spirito nelle sabbie mobili della tentazione. La cosa ci può anche stupire, perché forse tutti vorremmo un Dio che ci preserva da rischi e pericoli, ed, invece, è proprio Lui che ci butta nella mischia, e si butta nella mischia con noi. È lo Spirito che porta Gesù nel deserto per essere tentato, come conduce noi ad affrontare la prova, perché la fede non è una campana di vetro che ci preserva da qualsiasi minaccia, ma è la luce che ci dà l’ardimento necessario per combattere e per vincere. Sì, la vita è una battaglia perenne, ed, a volte, il nemico con cui scontrarsi siamo proprio ciascuno di noi con se stesso. Chi pensa alla vita come ad una scampagnata, non ha capito niente. Come vi è un angelo custode che ci protegge sempre, così vi è anche un tentatore, un nemico che ci minaccia sempre, che vuole farci vivere nella menzogna anziché nella verità, che vuole distoglierci dall’obbedienza liberante a Dio, per affogarci nella schiavitù di fronte a qualsiasi bestia. Questo nemico usa le arti più subdole ed accattivanti per strapparci alla sorgente della vita, per cui ci fa sentire più essenziale il pane, che la Parola di Dio; ci fa ritenere più necessario l’apparire agli occhi del mondo, che l’essere in Dio; ci fa sembrare più appagante il potere che il servire, lo spadroneggiare che l’umile mettersi a disposizione. Dietro queste immagini ci stanno le seduzioni con cui dobbiamo fare i conti quotidianamente: curare il corpo o lo spirito? Nutrire i muscoli o l’anima? Cercare il benessere fisico o la pienezza della nostra umanità? Avere un posto sui social dove tanti mi cliccano “mi piace”, o avere la certezza che i nostri nomi sono scritti nei cieli? Garantirsi una piastrella dove poter dire “qui comando io” o cercare a tutti i costi spazi di servizio, di dono di sé, di carità vissuta? Avere cuore e tempo per Dio e per i fratelli, o solo per noi stessi e per i nostri comodi?

 

Il dovere della libertà

Sappiamo come Adamo ed Eva hanno risposto a questi e a molti altri quesiti: da rinunciatari della propria dignità, da sconfitti nella loro umanità

Sappiamo come Cristo ha risposto a questi e a molti altri quesiti: da figlio obbediente, consapevole dalla propria dignità, da perfezionatore della nostra umanità.

Sappiamo come solitamente rispondiamo noi, ma sappiamo pure come potremmo rispondere noi. Vogliamo essere gli sconfitti o i vincitori nella battaglia della vita? Distinguere tra tentazione e peccato è molto importante. La tentazione non è peccato. La tentazione precede il peccato. Il peccato è l’acconsentire alla tentazione. Ogni peccato è preceduto da una tentazione, ma non ogni tentazione culmina in un peccato. Per questo è necessario combattere. La Quaresima ci offre le armi necessarie per affrontare la battaglia: più silenzio e preghiera per trovare Dio, più rinuncia e rafforzamento per trovare noi stessi, più carità e cuore aperto ai mille bisogni della Chiesa e del mondo per trovare gli altri.

Siamo tentati immediatamente di dire “no grazie” a questo deserto che ci si prospetta. Prima di dire “no” fermiamoci un istante, a riflettere e a pregare, per trovare in noi stessi ed in Dio il desiderio di una vita vittoriosa. Gesù ha detto ai suoi apostoli “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione” (Mt. 26,41). Vi suggerisco perciò una preghiera per vincere le tentazioni:

 

Preghiera quando siamo tentati

Signore Gesù, ti prego, fa’ che in me cresca la fame di ciò che veramente conta

e dammi il tuo Pane di vita: l’unico che conta.

Tu che vieni come luce per accompagnarci lungo un cammino di fatica e di speranza,
resta con noi, Signore, quando i dubbi contro la fede ci assalgono,
e lo scoraggiamento atterra la nostra speranza;
quando l’indifferenza raffredda il nostro amore, e la tentazione sembra troppo forte;
quando qualcuno deride la nostra fiducia, e le nostre giornate sono piene di distrazioni;
quando la sconfitta ci coglie di sorpresa e la debolezza invade ogni desiderio;
quando ci troviamo soli, abbandonati da tutti, e il dolore ci porta alle lacrime disperate.
Signore, nella gioia e nel dolore, nella vita e nella morte, resta con noi!