OmelieOmelie Maggio 2020

3 maggio 2020 – Domenica IV di Pasqua (anno A) – Don Samuele

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

 

È la Domenica del buon Pastore del gregge. Vi sarà certamente qualcuno che si offende a sentirsi paragonare alle pecore di un gregge; qualcun altro che si domanderà se è il caso, nel 2020, di continuare a ripetere queste cose; ma vi sarà certamente anche qualcuno ben felice di sentirsi oggetto e soggetto di un amore, di una cura, di una premura di Dio per noi, molto simile, anzi assai più accurata di quella che un pastore umano riversa sul suo gregge.

 

Convertitevi, salvatevi

Vi saranno pure quelli che, sentendosi amati da Dio, si sentono “trafiggere il cuore” ed hanno ancora l’umiltà di chiedere: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”. Una domanda che dovremmo tornare a porci reciprocamente e frequentemente, ricercando l’intelligenza delle fede, per leggere bene la vita, per trovare il rimedio a tanti mali ed il potenziamento di tanto bene. Sull’anima di qualsiasi interlocutore scende il comando di Pietro, che non è quello di un dittatore, ma di un servitore della nostra gioia: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo”. Il fatto di essere già battezzati ci esenta, ahimè, da questa scelta radicale, ma anche da quella premessa necessaria, cioè “convertitevi”, e così la vita di noi cristiani-battezzati alla nascita, rischia di non conoscere l’esperienza della conversione e della scelta esplicita di adesione a Cristo che si manifesta con il Battesimo. Di conseguenza la nostra esperienza di fede corre il pericolo di essere sempre anemica, vaga, strattonata da mille distrazioni e da un milione di antagonisti, ed il Signore Gesù diventa uno dei tanti problemi o fastidi che il mercato della vita sottopone alla nostra attenzione. Questa è la Domenica per lasciare risuonare nella nostra anima, sgombra da pregiudizi, disinfestata dagli ostacoli, la voce di Pietro, che grida: “Salvatevi da questa generazione perversa!”. E se non è il giorno per celebrare il nostro Battesimo è il giorno per riappropriarcene, per amarlo, il nostro Battesimo, per viverlo, il nostro Battesimo. È il giorno per obbedire volentieri e liberamente ai due imperativi: Convertitevi! Salvatevi!

 

Lasciarsi fare dal Pastore

Le letture di questa Domenica IV di Pasqua ci offrono una modalità facile, alla portata di tutti. Il problema non è fare, ma lasciarsi fare. Non si tratta di pianificare iniziative, progetti, realizzazioni, ma di lasciarsi condurre da Lui, con la fiducia che abbiamo espresso con le parole di un salmo assi conosciuto: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. Pensate a come, soprattutto queste ultime espressioni, sono di estrema attualità e pongono nell’animo una fiducia incondizionata: persino in questa ora tetra dell’umanità, persino dentro questa valle oscura di una pandemia che non ha precedenti nella storia, noi non temiamo alcun male, perché il Signore è con noi. Sempre! Lui non ci abbandona. Mai! Il bello è che queste cose non le diciamo e non le cantiamo solo nelle chiese, le ho sentite qualche volta sussurrare, per la mestizia; qualche volta gridare per la disperazione; qualche volta cantare per gratitudine; da chi ha vagato a lungo nella valle oscura della malattia, e lì ha sperimentato quel bastone e quel vincastro che danno sicurezza, magari attraverso la mano, il sorriso, l’affetto, la preghiera di un medico, di un infermiere, di un volontario, di un sacerdote. Di quanti pastori è capace di circondarsi il nostro Pastore!

 

Anche quando è il Pastore Crocifisso

E quanto sa identificarsi con noi, nel momento della prova, il nostro Pastore! Tutte le volte che Pietro ha preso la parola in pubblico, non ha mai mancato di ricordare questo dolore salvifico del Signore: “Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme. … Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti”. Sì, il Signore ci ha insegnato a soffrire, una delle cose più difficili al mondo. Sì, il Signore ha portato sulla sua croce – per redimerlo – ogni male del mondo, soprattutto il peccato del mondo. Sì, il Signore ci ha mostrato un orientamento nuovo per la vita. Sì, le piaghe del Signore sono la nostra guarigione, ecco perché, soprattutto nei luoghi del dolore e della speranza, negli ospedali, la pietà cristiana ha sempre posto il Crocifisso, per ricordare ai malati queste sacrosante verità. E quando le dimentichiamo, o non vogliamo più saperne, affetti da un delirio di onnipotenza, che è più devastante del coronavirus, ci fa bene tenere presente quanto Pietro diceva ancora nella 2 lettura: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime”, efficacissima fotografia di una umanità smarrita e confusa, spesso allo sbando, sottoposta persino a leggi e normative contrastanti, perché emanate da autorità diverse. La sicurezza di avere un pastore fidato, non può che fare bene al cuore.

 

Perché è Pastore con la P maiuscola

Non temo di usare l’aggettivo “fidato”, perché tante volte mi sono sentito porre, da persone diverse, la medesima domanda: “di chi ci si può fidare oggi?”. Ci vengono infatti inflitti spesso giri di parole insopportabili; ci viene propinato un linguaggio politicamente corretto, che è un insulto alla verità; ci dobbiamo sorbire “pastori” che non sono entrati dalla porta della verità e della giustizia, ma attraverso cordate e sotterfugi, e che hanno indotto Gesù a non usare mezzi termini: chi si impone così “è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore”. Denuncia severissima e salutare. E la cartina di tornasole per la verifica è la relazione che si instaura tra pastore e gregge: “le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, …, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce”. È una cosa meravigliosa questa relazione familiare tra pastore e gregge, tra Cristo e i suoi discepoli, soprattutto considerando l’elevatissimo tasso di solitudine che caratterizza la società odierna. È necessario, però, che noi battezzati abbiamo il coraggio di effettuare un passo avanti, per varcare la porta, poiché noi cristiani talvolta abbiamo la titubanza o il rispetto umano nel fare un passo avanti verso il Pastore, perché, quando accade, sicuramente c’è un coro pronto ad intonare l’antifona che siamo bigotti. No siamo semplicemente credenti, anzi, costituiamo una sfida ai creduloni, che credono a tutto e si fidano di tutto, tranne di ciò che merita la fiducia, che è una cosa seria, da riservare a chi la merita. Nessuno può stare senza una guida, non si può viaggiare senza una bussola, non si può raggiungere una meta sconosciuta senza il tom tom. Tutti abbiamo un pastore, ma c’è una differenza abissale tra Gesù ed altri pastori, ce l’ha raccontata il Signore: “Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Possiamo ri-esprimere queste parole di Gesù in questi termini: c’è un Pastore che dà la vita, e ci sono molte sanguisughe che sanno solo succhiarci il sangue. Di chi vogliamo fidarci, a chi vogliamo dare credito, su chi vogliamo edificare la nostra vita? Siamo liberi di scegliere, l’importante è scegliere bene.

 

Una giornata per pregare per tutte le vocazioni

Ecco perché ogni anno, in questa Domenica, si celebra la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, per tutte le vocazioni, non solo quelle alla vita sacerdotale, religiosa, monastica, missionaria, ma per la vocazione alla virilità e alla femminilità, visto che oggi sono tanto messe in crisi dalla teoria del gender; per la vocazione all’umanità, visto che oggi è messa in discussione dalla second life e da tutta una realtà virtuale che rischia di estraniarci dalla vita e dalle relazioni; per la vocazione alla famiglia, sempre più deprezzata e disprezzata; per la vocazione alla fede, perché il sentore più diffuso è quello dell’ateismo impiantato nel cuore sin da bambini; per la vocazione al lavoro, inteso non come occasione per arricchirsi e basta, ma come collaborazione alla creazione di Dio, in vista del bene comune; per la vocazione al servizio, perché vi è più gioia nel donare che nel ricevere – parola di Gesù –; per la vocazione alla politica, la più alta forma di carità, così l’ha definita Papa Paolo VI; per la vocazione alla vita, dato che l’aborto, da crimine, viene contrabbandato come un diritto; per la vocazione a raggiungere le altezze, perché c’è chi ci sta convincendo che non vale la pena sbattersi, e si può vivere beatamente anche mediocremente; per qualsiasi vocazione, perché nessuno si è fatto con le sue mani, ma siamo stati chiamati a vivere, a servire, ad amare, a realizzare nella verità, nella bontà, nella santità, la nostra vita. Da Dio veniamo, in Dio viviamo e a Dio andiamo: ci crediamo davvero? Auguro a tutti di incontrare il buon Pastore, di riconoscere la sua voce e di essere abbracciati dal suo amore. Vi assicuro che così troveremo la vita vera e la felicità piena.