14 giugno 2020 – Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo (anno A) – Don Samuele
Tempo durante l’Anno – Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo – 14 giugno 2020
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Come una tromba che suona, oggi la Parola di Dio ha risvegliato la nostra attenzione con due verbi che abbiamo sentito, nella prima lettura, all’imperativo: “ricordati – non dimenticare”. Perché una delle esperienze che ci vengono più facili, infatti, è la dimenticanza. Lo dico ai più giovani: quando sentirete gli anni che galoppano vi accorgerete di come è vero questo, lo sperimenterete anche voi come tutti. Ci sono cose che si possono dimenticare, e non ci perdiamo nulla, anzi, ci guadagniamo molto, ma ci sono cose che non possiamo assolutamente lasciar ricoprire dalla polvere dell’oblio. È un dovere del cuore ricordare tutto quello che Dio ha fatto per noi, perché questo mette in luce non solo chi è Lui, ma chi siamo noi. Non solo come si comporta Lui, ma come ci comportiamo noi in risposta a quello che abbiamo ricevuto da Lui.
Il nutrimento di Dio
Una cosa, in particolare, è degna di memoria: il fatto che Dio ci nutre, in passato “di manna”, oggi di se stesso, fattosi pane, “per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore”. È fondamentale questa consapevolezza, perché la società in cui viviamo, le varie lobby di potere che massacrano la nostra libertà vogliono nutrirci di panem et circenses, come usavano fare gli Imperatori romani, cioè di bagordi e di futilità, così pensiamo poco, così amiamo le cose che non meritano il nostro amore, e siamo manipolabili a loro piacimento. Si dice che siamo in una democrazia, si dice, che sia poi vero è tutto da dimostrare. No, l’uomo non può, non deve, non vuole vivere “soltanto di pane”, perché “l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore”. È strutturalmente così, è nel suo DNA, è la garanzia della sua libertà e della sua dignità. Ecco perché guai a dimenticare chi è il Signore e che cosa ha fatto e sta facendo per noi, sarebbe una vera e propria abdicazione alla nostra umanità.
La festa del Corpus Domini
La festa del Corpus Domini ha proprio lo scopo di tenere viva la memoria, grazie ad un miracolo Eucaristico, il più famoso, accaduto a Bolsena, Nell’estate del 1263, un sacerdote boemo, Pietro da Praga, dubitò della reale presenza di Gesù nell’ostia e nel vino consacrati. Si recò allora in pellegrinaggio a Roma per fugare i suoi dubbi, ma, nel viaggio di ritorno, i dubbi di fede lo assalirono nuovamente. Celebrando la Messa nella chiesa di Santa Cristina a Bolsena, al momento della consacrazione, l’ostia cominciò a sanguinare e ha bagnato di quel sangue tutto il corporale. Impaurito e confuso, il sacerdote, cercando di nascondere il fatto, concluse la celebrazione, avvolse l’ostia nel corporale, ma mentre andava in sacristia, alcune gocce di sangue caddero sul marmo del pavimento e sui gradini dell’altare. Sconvolto, il prete si recò dal Papa Urbano IV, che in quei giorni si trovava a Orvieto, narrare l’evento. Il Pontefice, mandò a Bolsena il Vescovo di Orvieto per verificare la veridicità del racconto e recuperare le reliquie. Urbano IV dichiarò la soprannaturalità dell’evento e, per ricordarlo nei secoli, l’11 agosto 1264 estese a tutta la Chiesa cattolica la solennità del Corpus Domini, nata 20 anni prima nella Diocesi di Liegi, in Belgio. Per custodire il corporale bagnato di sangue venne edificato, a partire dal 1290, il meraviglioso Duomo di Orvieto, uno dei monumenti più stupefacenti sul pianeta, e S. Tommaso d’Aquino ebbe l’incarico di preparare i testi per la Liturgia delle Ore e per la Messa della festività: ci siamo accorti della sua anima profondamente credente nella mirabile sequenza, la poesia che ha preceduto la lettura del Vangelo: Lauda Sion Salvatorem. Anche noi siamo qui a ricordare, a ringraziare, a benedire quel Dio, che non smette mai di nutrire il suo popolo, di ogni parola che esce dalla sua bocca e di ogni gesto che trabocca dal suo cuore. Egli mette pace nei nostri confini e ci sazia con fiore di frumento, come abbiamo pregato nel salmo.
Dal culto alla vita
E questa memoria diventa vita, perché come ci ricordava S. Paolo nella seconda lettura, il pane ed il calice che benediciamo è comunione con il corpo ed il sangue di Cristo, ma è pure cemento della nostra comunione, perché “noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane”. Se non ci fosse questo elemento che unisce, l’Eucarestia, noi avremmo un milione di ragioni per essere divisi e contrapposti, per fortuna e per grazia, guai se fossimo clonazioni. Siamo tutti originali, anche se questo crea contrasti, dissapori, antagonismo, persino nella Chiesa. Se vi può essere unità tra gli uomini è solo per Cristo, con Cristo, ed in Cristo, nella partecipazione all’unico pane. C’è un commento splendido di S. Agostino, nel discorso 272, tenuto il giorno di Pentecoste ai nuovi battezzati – quando dico battezzati parlo di adulti –, dice: “Se vuoi comprendere [il mistero] del Corpo di Cristo, ascolta l’Apostolo che dice ai fedeli: Voi siete il Corpo di Cristo e sue membra. Se voi dunque siete il Corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il mistero di voi: ricevete il mistero di voi. A ciò che siete rispondete: Amen e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: Il Corpo di Cristo, e tu rispondi: Amen. Sii membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen. Perché dunque [il Corpo di Cristo] nel pane? … l’Apostolo …, parlando di questo sacramento, dice: Pur essendo molti formiamo un solo pane, un solo corpo. Cercate di capire ed esultate. Unità, verità, pietà, carità. Un solo pane: chi è questo unico pane? Pur essendo molti, formiamo un solo corpo. Ricordate che il pane non è composto da un solo chicco di grano, ma da molti. Quando si facevano gli esorcismi su di voi venivate, per così dire, macinati; quando siete stati battezzati, siete stati, per così dire, impastati; quando avete ricevuto il fuoco dello Spirito Santo siete stati, per così dire, cotti. Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete. Questo disse l’Apostolo in riguardo al pane”. È una riflessione meravigliosa, perché vedete, non è difficile dire “Amen” quando il prete ci porge il Corpo di Cristo, è molto più difficile dire “Amen” a quel Corpo di Cristo che è la comunità cristiana, che è la parrocchia, perché facciamo fatica a camminare insieme, a volerci bene, a volere il bene l’uno dell’altro, a stimarci. Ma come diciamo “Amen” all’Eucarestia, dobbiamo essere capaci di dire “Amen” al Corpo del Signore che è la Chiesa.
Uniti a Cristo, conditio sine qua non per vivere
In ogni Eucarestia, ma soprattutto oggi, siamo chiamati ad esprimere la nostra fede, in Colui che non è un Dio estraneo e forestiero, ma si fa un tutt’uno con noi. «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Come il pane, sulla nostra tavola, diventa una cosa sola con noi, quando lo mangiamo, così il Signore Gesù diventa una sola cosa con noi, se lo mangiamo. Se i giudei discutevano di questo, ritenendolo una cosa assurda ed impossibile, quanto più il nostro tempo manifesta scetticismo e diffidenza, quasi si trattasse di un rituale vecchio e superato (salvo poi il credere alle cose più assurde ed inverosimili del mondo). Anche a chi si sente “maggiorenne” e non più adatto a compiere un gesto che può essere conveniente ai bambini della prima comunione e ai vecchi che hanno paura di morire, Gesù dà la stessa risposta: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Queste parole di Gesù sono molto forti: ci ricordano che senza di Lui non c’è vita umana piena, ma solo apparenza, una vita a metà. Chi si unisce a Gesù diventa un tutt’uno con Dio, e chi evita Gesù si preclude l’accesso alla vita, ora e per l’eternità.
Rinnovare la fede nell’Eucarestia
Ci crediamo ancora in questa presenza? In questa forza? In questo dono? Ci crediamo che l’Emmanuele è il Dio con noi e per noi? Tutti i giorni, sino alla fine del mondo? Se ci crediamo non resta che buttarsi in ginocchio e adorare, e nutrirsi, e portare la carica dell’Eucarestia dentro la vita, sì, perché la vita ha bisogno di diventare Eucarestia, e l’Eucarestia ha bisogno di diventare vita. Questa cosa ce la ricorda un ragazzo, Carlo Acutis, ieri è stata diffusa la notizia che verrà beatificato ai primi di ottobre. Un ragazzo tutto sport e computer, ma soprattutto un grande amico e discepolo di Gesù, perché non è inconciliabile fare sport, dedicarsi al computer, ed essere amici del Signore. Le cose vanno benissimo a braccetto. Ha trovato una bella definizione per l’Eucarestia, l’ha chiamata “la mia autostrada per il cielo”. E davanti all’Eucarestia ha capito questa cosa, che ha lasciato scritto nei suoi appunti: “tutti nasciamo come originali, ma molti muoiono come fotocopie”. L’incontro con l’Eucarestia non ci azzera, non ci annulla, ma ci mantiene originali e ci impedisce di diventare sbiadite fotocopie. Che il Signore dia a tutti la grazia di vivere questa originalità, fino a raggiungere la pienezza della santità. Se conoscessimo il dono di Dio che ci è fatto con la Messa, non mancheremmo mai al banchetto dell’amore di Dio e della vita dell’uomo.