19 luglio 2020 – Tempo durante l’Anno XVI Domenica (anno A) – Don Samuele
Tempo durante l’Anno – XVI Domenica A – 19 luglio 2020
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
È la Domenica della pazienza di Dio, virtù sempre più rara e sempre più difficile per noi esseri umani. E perché Dio è tanto paziente? Forse perché è nonno? Forse perché ha un buon carattere? Forse perché ha tempi più lunghi a disposizione rispetto a noi?
Pazienza e sapienza di Dio
No, Dio è paziente perché è sapiente, così ce lo ha descritto il brano del libro della Sapienza che abbiamo ascoltato come prima lettura. Potrebbe essere tratta da un manuale di psicologia che descrive come deve essere una personalità perfetta, equilibrata, armoniosa. Dio, somma sapienza, agia Sofia, santa Sofia, sa bene che la fretta, che il tutto e subito, sono nemici dell’ottimo. Ed oggi lo ricorda ad una società che, invece, è malata di fretta, è congestionata dal tutto e subito, è strattonata dentro meccanismi che turbano l’equilibrio fisico, psichico e spirituale delle persone. Vi invito a contemplare questo equilibrio di Dio, fonte del nostro equilibrio, rileggendo insieme la prima lettura di oggi: Dio ha “cura di tutte le cose”. La sua forza non è esercizio di prepotenza, ma “principio della giustizia”. Dio si relaziona sempre “indulgente con tutti”. Se mostra la sua forza, è solo “quando non si crede nella pienezza del tuo potere”, e questo serve solo a rigettare l’insolenza di coloro che, rifiutandosi di credere al Padre eterno, si eleggono padri eterni. Dio, invece, giudica persone e situazioni “con mitezza” e governa “con molta indulgenza”. Dio si rivela a noi come un efficace e credibile educatore del suo popolo, converte i cuori umani per renderli “giusti”, cioè capaci e desiderosi di “amare gli uomini”. E dove c’è angoscia, ossessione, disarmonia, Egli infonde “buona speranza”, e lo fa non con discorsi vuoti, ma perché dopo qualsiasi peccato, Dio concede il pentimento. Non agisce mai con spirito vendicativo, ma educativo, e se permette che la vita ci “punisca”, lascia che maturi ciò che abbiamo seminato, e consente che una medicina amara possa essere utile al ravvedimento e al miglioramento.
Una lettura sapiente della vita …
Questa visione ci introduce molto bene alla pagina evangelica che oggi abbiamo ascoltato, una parabola di cui Gesù stesso ha fatto l’esegesi e ha dato la corretta interpretazione. È un efficace fotografia della vita umana. Che cosa è il mondo? E che cosa è il tempo che ci è dato da vivere? Il nostro spazio ed il nostro tempo sono l’occasione preziosa in cui Dio semina continuamente il bene. Ma, approfittando dell’ombra, un nemico fa di tutto per rovinare quanto Dio vuole e fa. Proviamo stupore e sconcerto di fronte ad un male che non avremmo voluto, e che cresce ancora di più e ancora meglio del bene che si cerca di portare avanti con fatica. E coi sono sempre zelanti amici di Dio, o presunti tali, che vorrebbero con atti di forza estirpare il male. Quante volte ho sentito invocare la pena di morte, o l’instaurarsi di una dittatura, per mettere fine al caos e all’ingiustizia che la fanno da padrone. Sono reazioni istintive, comprensibili, e talvolta legittime, ma Dio, proprio perché è Dio, ha un altro stile. Pazienza e sapienza, lui sa bene che la storia dà ragione a chi ha ragione e torto a chi ha torto. Lui è sicuro che alla fine la verità, il bene, l’amore trionfano, perché vengono da Dio. La sua sapienza lo rende capace di una pazienza infinita che voi non avete, che io non ho, che nessuno ha, perché è la pazienza di Dio.
… che mette in conto il redde rationem
Sono sicuro che a questo punto qualcuno si mette il cuore in pace e pensa che possiamo permetterci qualsiasi cosa, tanto Dio è buono – qualcuno forse direbbe babbeo –. Mi spiace deludere i buonisti, anzi, sono contento di deluderli, perché il buonismo non ci porta da nessuna parte, se non al fatto che la zizzania soffoca tutto quanto il grano, e noi non avremmo più niente da mangiare, perché il pane lo mangiamo, ma la zizzania no! Il Signore è stato chiarissimo: “Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”. Per quanto l’umanità faccia di tutto per eliminare l’idea di un redde rationem, per quanto persino la Chiesa, contagiata dal buonismo, faccia fatica a parlare ancora dei novissimi, che sono: morte, giudizio, inferno e paradiso, nostro Signore, per grazia di Dio, non ha mai peli sulla lingua nel dire la verità delle cose. E la verità è che per tutti viene il momento del presentare il bilancio della vita, e tutti hanno la responsabilità di dichiarare, con chiarezza, se il saldo è attivo o passivo, se i talenti sono stati trafficati o sepolti – per usare le immagini di un’altra parabola –. Se l’estate, ed i suoi richiami, ci invitano a vivere etsi Deus non daretur, ovvero come se Dio non ci fosse, la parabola che oggi risuona nelle chiese, e, mi auguro, soprattutto nei cuori dei battezzati, ci spinge fortemente a vivere etsi Deus daretur: come se Dio ci fosse, anzi, al cospetto dell’amore di Dio. Questo appello è stato rivolto dal cardinale Ratzinger, poco prima di diventare Papa, quando ha proposto ai laici di capovolgere il principio degli illuministi, etsi Deus non daretur, poiché – disse – “anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio, dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse“. E la motivazione è data dalla ragionevolezza della fede, come una ‘riserva’ di senso e di speranza. Dove, altrimenti, potremmo trovare un senso ed una speranza per la vita?
Il santo timor di Dio
Non sto cercando di fare del terrorismo psicologico, e neppure di alimentare la paura, sto semplicemente ricordando che esiste un dono dello Spirito Santo che si chiama “santo timor di Dio”, e che è quel sentimento interiore che provoca dispiacere e insoddisfazione, quando si tradisce la fiducia e l’amore di una persona nei nostri confronti. E così, quando si ama veramente una persona, si mette in conto la paura di sbagliare nei suoi confronti, di offenderla, di non corrispondere adeguatamente a quanto lei fa per noi. È quel timore che costituisce l’altra faccia della medaglia dell’amore. È un sentimento che abbiamo perduto, e che va assolutamente ritrovato, come ogni preziosa persa ci mette in stato di ricerca finché non l’abbiamo ritrovata. Scaviamo nel profondo del cuore, e se ci accorgiamo che esiste anche solo un piccolissimo resto dell’amore di Dio che ci hanno inculcato, oggi è il giorno per riportarlo alla luce e farlo crescere. Del resto, Gesù, nell’Evangelo di oggi ci ha pure detto che “Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami”. Anche dal più microscopico tratto di bene, l’amore di Dio è capace di suscitare un gigantesco insieme di grazia. Se le parole d’ordine di questa Domenica sono state pazienza e sapienza, ora si aggiunge un’altra parola: fiducia, sì, fiducia in quel Dio che dal niente crea tutto, che da cinque pani di un bambino sfama 5000 persone, che da un criminale tira fuori un santo. Dio è il vero grande amico dell’uomo, e il nemico che semina continuamente zizzania è il diavolo. Questo è uno straordinario criterio per distinguere chi sono gli amici ed i nemici e vale per tutte le parrocchie del mondo: chi semina bene dentro le comunità cristiane viene da Dio, e lavora per l’opera di Dio; e chi semina zizzania, divisione, discordia, maldicenza, viene dal diavolo, e lavora per l’opera del diavolo. Tante volte il presente è torbido, e non vi è chiarezza per capire, anche perché i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce, ma il futuro è certo: “i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi e cuore, ascolti!”. La garanzia di ciò – ce lo ha detto S. Paolo – è lo Spirito Santo che “viene in aiuto alla nostra debolezza; … egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio”.