15 dicembre 2019 – III Domenica di Avvento, Gaudete – Don Samuele
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Perseverare nella pazienza per maturare nella fede e accogliere il dono del Vangelo della gioia, così sono stati espressi in sintesi i contenuti di questa Domenica dal nome singolare: “Gaudete” – ovvero, gioite, rallegratevi – nella preghiera colletta.
Ad una società che ha adottato la regola del tutto e subito, del mordi e fuggi, o, per dirla con linguaggio elegante, del “carpe diem”, la Liturgia offre una pedagogia sapiente: perseverare nella pazienza, perché tutte le cose grandi ed importanti della vita si accolgono come dono, innanzitutto, e poi sono frutto di impegno, di fatica, di sacrificio – parola quasi completamente scomparsa dal nostro vocabolario e dalle nostre abitudini.
Il deserto diventa giardino
Cosa ci dice oggi l’amico Isaia? Dopo il monte che si alza sopra tutti gli altri; dopo il ramoscello sul quale riposa lo Spirito di Dio; oggi l’immagine da imprimere nel cuore è il deserto che diventa giardino: basta che Dio accarezzi con la sua mano la sabbia bruciata dal sole e questa diventa un tappeto di narcisi … quale gioia sarebbe per tutti i floricoltori una semina contemporanea al raccolto di tale portata! E poi risuona la promessa solenne: “Essi vedranno la gloria del Signore!”. Proviamo tutti per un istante alla cosa che abbiamo sempre sognato di vedere … perché è bella … perché è preziosa … perché è stampata nel cuore … ecco, moltiplichiamo la meraviglia che portiamo nel cuore per un milione o per un miliardo … e forse riusciamo ad immaginare che cosa è la gloria di Dio, lo splendore del Signore … non c’è una meraviglia umana che possa avvicinarsi a tanta magnificenza. E questa non è la promessa di un fanfarone, è la voce di un profeta di Dio, che ci invita a ritrovare coraggio, forza, ottimismo, perché se Dio viene non è per una visita di cortesia, ma per salvarci, e proprio da noi stessi, visto che talvolta, o spesso, siamo proprio noi la causa della rovina di noi stessi, gli attori del nostro autolesionismo. Tutto ciò che è malato: occhi, orecchi, gambe, cuore, sarà guarito. Là dove tutte le strade sembrano chiuse e dove abbiamo paura che non ci possa essere futuro, Dio spalanca una porta e prepara una strada, e qui si viaggia con giubilo, qui è di casa una felicità perenne. Su questa perennità dovremo riflettere una volta o l’altra, perché facilmente ci accontentiamo di cose che ci fanno felici per qualche istante, al massimo per un giorno. Proviamo a distinguere ciò che ci rende felici per poco tempo e ciò che è in grado di farci felici per sempre. È la grande differenza che ha fatto la differenza nella vita di Ignazio di Loyola, abituato a contentarsi di poco e chiamato da Dio ad una felicità smisurata, non acquistabile con i mezzi di facile consumo. Noi pure, dopo avere capito la differenza, però, smettiamola di accontentarci delle briciole di felicità e mettiamoci a cercare, sulla “via santa”, ciò che dà una felicità perenne … perenne!!! Ci crediamo ancora che Dio è la nostra felicità piena e duratura?
La pazienza dell’agricoltore
Oggi l’amico Paolo lascia senza problemi il posto all’amico Giacomo, nella seconda lettura. Con l’immagine dell’agricoltore – il paziente per eccellenza e per antonomasia – ci esorta a perseverare nella pazienza come chiedevamo nella colletta iniziale della Messa. Nessun agricoltore, infatti, pianta oggi e pretende di raccogliere domani. Devono susseguirsi le stagioni, con l’inclemenza ed il pericolo degli agenti atmosferici estremi per poter attendere il frutto. Così fa Dio con noi, così noi siamo chiamati a fare con Dio. Poi aggiunge un invito quanto mai moderno ad eliminare la lamentela – una piaga, dunque, sempre esistita, anche 2000 anni fa – una piaga oggi divenuta lo sport nazionale. Lamentarsi di tutto, sempre e comunque, è divenuta la regola, anche nelle comunità cristiane. Vorrei dare un consiglio: chi spreca tanta fatica a lamentarsi, perché non impiega tutta questa energia vitale a fare un po’ di bene? Sarebbe l’autore di un grande miracolo. Ci credete? Provare per credere!
I dubbi del Battista
Ed eccoci al Vangelo, che ha ancora come protagonista l’amico Giovanni Battista. Domenica scorsa l’abbiamo trovato tanto forte e sicuro di sé, quasi ruggente, ed oggi, invece, lo cogliamo fragile e dubbioso, tanto da chiedere a Gesù: sei Tu il Messia che deve venire o dobbiamo pazientare ancora in attesa di un altro? E Gesù, come spesso fa, non risponde direttamente alle domande che gli pongono, ma rimanda alla coscienza di ciascuno. Tu devi rispondere, io ti do dei segnali, ma è la tua coscienza che deve esprimersi, sono le tue ali che devono spiccare il volo.
Dopodiché Gesù si mette a parlare di Giovanni il Battista e ne fa un elogio sperticato. Parla di lui come di una quercia solida, – non una canna sbattuta al vento -, di un testimone, – non uno che si nasconde dietro un dito -, di un profeta e dell’araldo di Dio, – non di un qualsiasi istrione -. A questo punto mi sento e ci sentiamo tutti mortificati, perché siamo lontani anni luce da tali vette di coerenza e di santità: non è mai esistito uno più grande di Giovanni Battista … parola di Gesù … e poi la sorpresa, come quando si apre un gigantesco uovo di Pasqua e dentro c’è una piccola sorpresa, che incuriosisce più dell’uovo: il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui … ed allora possiamo veramente tirare un sospiro di sollievo, voi, io, possiamo fare cose più grandi di Giovanni Battista, baste che ci fidiamo di Dio e ci affidiamo a Lui con la determinazione del Precursore.
Nessuno è estraneo, nessuno è escluso, nessuno è inutile: Dio sa fare le cose più strabilianti con gli strumenti più insufficienti, come ebbe a dire Benedetto XVI al momento della sua elezione pontificale. Del resto tutta la storia biblica procede così: chi ha sconfitto il gigante Golia? Il bambino Davide! Chi ha annientato eserciti spaventosi? Un pugno di uomini fiduciosi in Dio! Chi ha piegato l’arroganza e la prepotenza del Faraone? Un balbuziente come Mosè armato solo del bastone di Dio!
Noi non siamo semplicemente parte, siamo partner del mondo trasformato dalla Grazia e dall’amore di Dio. Siamo chiamati nelle forme più diverse all’unica e medesima Grazia. Per questa ragione la nostra Diocesi oggi celebra la giornata del Seminario, invitandoci a pregare perché nella Chiesa non abbia spegnersi la vocazione di chi si pone al servizio della vocazione di tutti a conoscere e riconoscere la chiamata ed i talenti di Dio, così che ogni comunità abbia quei servizi e ministeri necessari per la sua vita e per la trasmissione della fede, della speranza e della carità.