9 febbraio 2020 – V Domenica del tempo ordinario (anno A) – Don Samuele
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Un ritornello martellante, da Natale sino a questa Domenica, è risuonato alle nostre orecchie: Dio è luce …, la luce brilla su di noi …, è Cristo la luce del mondo …, voi siete luce … potremmo anche rispondere: “abbiamo capito, non siamo sordi!”. Questa insistenza su un unico tema che cosa dice? Che siamo ripetitivi? Che abbiamo pochi argomenti? No! Il problema è che il grigiore o la tenebra sono così diffusi e devastanti, che non si finirebbe mai di ricordare alla società odierna alcune cose fondamentali.
La vita luminosa
Un esperto in fatto di luce non è un illuminotecnico o un dipendente dell’Enel, ma il profeta Isaia. Nei versetti del capitolo 58, che abbiamo appena ascoltato, ci ha innanzitutto descritto le caratteristiche di una vita luminosa: è quella che rifiuta l’appariscenza e l’evanescenza di un vivere mediocre, ma sa infondere sapore al vivere di tutti, il che significa creare condivisione, accoglienza, cura e premura. Sono tutti atteggiamenti che vanno attuati, ma non all’insegna di quel buonismo ideologico che non vede e non prevede, e quindi crea problemi ben più grandi di quelli che intende risolvere. Il sapore che si infonde alla vita, o è illuminato, o diventa rancido. Occorre far precedere la giustizia al nostro cammino, per avere la certezza che la gloria di Dio ci segua. Occorre rimettere Dio al centro, come valore primario, per averlo come alleato nell’opera di umanizzazione e di redenzione del mondo. Così come occorre impegnarsi per dare concretamente sapore alla vita attraverso atteggiamenti e comportamenti semplici e concreti, … ed il profeta non ci ha girato attorno. Eccoli: togliere “di mezzo a te l’oppressione”, perché di prepotenza nei rapporti tra persone ce n’è troppa; eliminare “il puntare il dito e il parlare empio”, che è un difetto di realtà minuscole come le nostre, … “il paese è piccolo, la gente mormora” – si dice – … ma questo accade anche nelle città, ve lo assicuro, il problema non è la quantità degli abitanti, ma la qualità delle menti e dei cuori, perché, come dice Eleanor Roosevelt, “Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole sparlano delle persone”. Il cuore aperto e generoso è quello che dà luce e sapore al mondo circostante, e questa è la ricetta che il profeta ci offre per far sì che fra le tenebre brilli la luce, e che ogni tenebra sia come il meriggio. Questa di illuminare e insaporire è la vocazione e l’identità, il compito e la missione di ogni battezzato. Su questo ci dobbiamo interrogare: ne siamo consapevoli? Ne siamo convinti? Ne siamo determinati?
Quando Dio è al centro
“Occorre rimettere Dio al centro, come valore primario” – dicevamo un momento fa – questo convincimento lo ha espresso anche Paolo nel capitolo 2 della 1 lettera ai Corinzi, l’abbiamo appena sentito nella 2 lettura. L’apostolo, dopo la delusione cocente ed il fallimento sperimentato ad Atene, dove aveva usato la tecnica della captatio benevolentiae per ingraziarsi gli ateniesi ed il loro interesse, ha capito che Cristo non ha bisogno di trucchetti per essere proposto, e le persone non sono conigli da attirare nella gabbia con una carota allettante. Da quel momento in poi Paolo ha deciso di non ricorrere ai fuochi artificiali o agli effetti speciali, con i quali si conquistano gli allocchi, ma di presentarsi così come era, condividendo con tutti ciò che aveva afferrato e conquistato la sua vita: “Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso … La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza (umana), ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. E che cosa succede? Che proprio a Corinto, città portuale, dove tutta la malavita e le schifezze erano di casa (corinteggiare in greco significa fare il peggio del peggio!), Paolo riesce a piantare nel cuore di tante persone il buon seme dell’Evangelo, e vede nascere e crescere una comunità cristiana sanguigna, peccatrice, ma appassionata. E Paolo non farà altro, nelle sue lettere e nel suo ministero a Corinto, che affermare il primato e la centralità di Dio, convinto che questo è l’unico metodo per restituire luce e sapore ad un mondo oscuro ed insipido. Siamo tutti d’accordo con quello che diceva il giornalista e scrittore Giuseppe Prezzolini, ovvero che “Credere in Dio è un atto gratuito …, ossia senza speranza di compenso. Se questo credere in Dio è fatto con la speranza del compenso nulla vale. Chi crede per paura dell’inferno, crede nell’inferno e non crede in Dio. Iddio è gratuito, tutto, interamente, integralmente, … Le religioni presiedono al commercio di Dio: Lo vendono a pezzi e bocconi, a fette e morselli, cotto, crudo, disossato, a credito e in contanti. Bisogna invece inghiottirlo tutto intero perché faccia bene: grasso e magro, ossa e polpa, pelle e ciccia. Bisogna inghiottirlo vivo e fresco“. Tutti d’accordo?
Il forte indicativo del “voi siete”
E dopo avere proclamato le Beatitudini, come nuovo statuto della vita del credente – non le abbiamo meditate Domenica scorsa, perché la Liturgia ci ha fatto celebrare la festa della Presentazione al tempio di Nostro Signore – l’Evangelista Matteo ne fa una sorta di sintesi in queste due immagini, che rimarranno sempre nell’immaginario del cristiano: “voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. Il linguaggio che Gesù usa non è certamente esortativo o ipotetico, ma è indicativo e quasi imperativo. Non descrive il non ancora, ma il già, ed è la conseguenza diretta di ciò che Gesù è stato ed è: Egli è il sale della terra; Egli ha detto di sé: “Io sono la luce del mondo, chi segue me, avrà la luce della vita”. Se Cristo è sale e luce, il cristiano, che vive per Cristo, con Cristo ed in Cristo, non può che essere sale e luce. Dalla vita cristiana è bandito l’insapore, l’inodore, l’incolore, il mediocre, il superficiale, il futile, il grigio, un colore veramente insignificante.
Contro i mediocri
E sapete perché? Il primo motivo l’abbiamo appena udito dalla bocca del Signore: “se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente”. Ovvio! Possiamo ampliare il discorso oltre l’esempio, e dire: “se il cristiano perde il sapore, con che cosa lo si renderà gustoso? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla storia”. È un giudizio veramente spietato verso tutti quei cristiani mediocri che non sanno nemmeno perché credono ed in che cosa credono. Il libro dell’Apocalisse, capitolo 3, rivolgendosi alla Chiesa di Laodicea, li condanna dicendo: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: «Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla», ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo”. (Ap. 3,15-17). Sono gli stessi che Dante Alighieri bolla con il marchio dell’infamia: “l’anime triste di coloro che visser sanza ’nfamia e sanza lodo”, (Inf. III, vv. 31-36).
Un non essere per essere
Il secondo motivo è che “non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”. Chi è così poco furbo da accendere una luce e coprirla? Allora non accenderla neppure! Il cristiano è fatto per volare alto, non per vivacchiare in un esistere solo biologico. È un illuminato perché, a sua volta, illumini qualcuno. Gesù l’ha detto senza mezzi termini: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Il cristiano non è un camaleonte che si mimetizza, non è un Ponzio Pilato che si lava le mani, non è un codardo che si nasconde e si sottrae, non è un vigliacco che fugge, è uno che sa bene quando è necessario fare un passo avanti, e quando è l’ora di fare un passo indietro. Il cristiano sa benissimo che la sua vocazione è la santità, che il suo stile prediletto è l’eroismo, che la sua vita contempla e comporta l’audacia, l’intraprendenza, il coraggio, la virilità.
Facile a dirsi, ma queste affermazioni suscitano domande importanti: il cristiano di oggi è consapevole ancora che, o è sale e luce, o non è niente? Il cristiano di oggi è convinto che non può esistere un cristianesimo a bassa intensità, una fede di pastafrolla? Il cristiano odierno apprezza ancora l’integrità, la coerenza, la fedeltà, la perseveranza, nella fede e nella morale? Il cristiano di oggi si rende conto effettivamente che il mondo ha bisogno di essere insaporito e illuminato dalla fede, dalla speranza e dalla carità dei credenti? Il cristiano di oggi comprende che può essere una grande risorsa o una grande delusione per il mondo? Il cristiano di oggi ha chiaro che una collezione di cibo scaduto e di lampadine bruciate non servono a niente e a nessuno? Se posso dare un consiglio a tutti è questo: “voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”, siatelo in tutto e per tutto!